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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Miceli, Luigi

Luigi Alfonso Miceli [Longobardi (Cosenza), 7 giugno 1824 - Roma, 30 dicembre 1906]

Nacque da Francesco e Antonia Campagna, entrambi appartenenti a famiglie del notabilato provinciale, settimo di tredici figli. Talvolta si legge che sia nato il 30 giugno e non il 7; ma l'estratto dell'atto di nascita, allegato al suo fascicolo al Senato, documenta che la data di nascita è il 7.
Crebbe in un ambiente pregno d'ideali liberali e anti-borbonici. Il nonno Alessandro aveva aderito alla Repubblica napoletana del 1799 e nel 1806 era stato ucciso, con altri familiari, su impulso di borbonici locali. Il padre Francesco, scampato alla strage, si era poi schierato per la Rivoluzione carbonara del 1820-21.
Dopo aver compiuto i primi studi sotto la guida d'un precettore, Miceli perfezionò la propria formazione a Cosenza, frequentandovi il Liceo classico e una scuola di diritto. Il capoluogo bruzio era importante centro cospirativo; e nel 1844 vi scoppiò un tentativo insurrezionale, seguito poco dopo dall'episodio dei fratelli Bandiera. A quanto pare, il ventenne Miceli andò a rendere omaggio in carcere ai patrioti veneziani prima della fucilazione; e in ogni caso è da allora che sembra sia iniziata la sua militanza patriottica. Di norma si ripete che si iscrisse alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini; ma in realtà  i rapporti col patriota genovese sono più tardi. È pressoché certo, pertanto, che dapprima aderisse all'organizzazione neo-carbonara dei Figliuoli della Giovane Italia, fondata dal calabrese Benedetto Musolino e implicata nel fallito tentativo insurrezionale cosentino. Documentati, del resto, sono i suoi rapporti con Musolino e con esponenti del gruppo raccolto attorno al periodico romantico «Il Calabrese »  pure aderenti ai Figliuoli della Giovane Italia, come Domenico Mauro e Biagio Miraglia.
Infatti, scoppiata la rivoluzione del 1848, a Cosenza Miceli si schierò sulle posizioni radicali dei Musolino, Mauro, Miraglia…; e si distinse tra «i più caldi giovani, incitatori presso il popolo perché concorresse a sostenere il nuovo governo » (Musolino, vol. I, p. 344); divenendo poi uno dei segretari del governo provvisorio e infine contribuendo a organizzare una sottoscrizione alla quale aderirono oltre 700 persone, intruppate in una «legione d'Italia » che inalberò la bandiera nera dei Figliuoli della Giovane Italia (ivi, p. 380).
Sfiorita la rivoluzione, Miceli fuggì a Corfù con altri esponenti del governo; ma tornò presto con essi in Italia, a Roma, dove partecipò con valore (medaglia d'argento) alla difesa della Repubblica romana guidata da Garibaldi. Caduta la Repubblica e rifugiato a Genova, nel 1852 fu condannato in contumacia dal tribunale di Cosenza (ma non a morte, come si ripete di norma). Restò nel capoluogo ligure fino al 1860, frequentando il mondo dell'esulato e in particolare i gruppi democratici; e partecipando all'organizzazione della spedizione dei Mille, alla quale prese parte distinguendosi in varie battaglie.
Unificata l'Italia, nel marzo 1861 fu eletto alla Camera per la Sinistra nel collegio di Paola, nel quale ricadeva anche la sua Longobardi. Preso posto fra i banchi del Partito d'Azione, schierato all'opposizione della Destra allora al governo, mantenne una posizione mediana fra Mazzini e Garibaldi, essendo legato a entrambi, e intervenne spesso nel dibattito. Da ricordare i suoi interventi contro la repressione del brigantaggio, di fronte a cui sostenne che le leggi eccezionali erano lesive delle libertà  e che piuttosto occorreva intervenire con provvedimenti politici e sociali, per alleviare la miseria delle popolazioni. Conseguentemente, fu il solo deputato calabrese a schierarsi contro la legge Pica sul brigantaggio (1863).
Nel frattempo, nel 1862 Garibaldi aveva tentato di conquistare Roma ripartendo dalla Sicilia: Miceli con Giovanni Nicotera raggiunse il generale ma, sbarcati in Calabria, non partecipò al fatto d'Aspromonte, essendo inviato a Cosenza in avanguardia. Così, arrestato Garibaldi, egli poté tornare a Torino riprendendo posto in Parlamento. Dopodiché, liberato Garibaldi, un anno dopo questi si dimise (con altri 9 compagni) da deputato, in dissenso con l'indirizzo del governo. Non appena la Camera accettò le dimissioni del generale, si dimise anche Miceli (con altri 4) il 7 gennaio 1864. Per quanto poi rientrasse in Parlamento pochi mesi dopo, eletto a Calatafimi in elezioni suppletive.
Ricandidatosi alle politiche del 1865, fu eletto nei collegi di Calatafimi e Pozzuoli, optando per il primo dove fu rieletto anche nelle successive politiche del 1867, quando risultò pure a Cosenza.
Intanto, nel 1866 rivestì la camicia rossa e partecipò alla Terza Guerra d'Indipendenza, distinguendosi nella battaglia della Bazzecca.
Alle politiche del 1870 fu battuto a Calatafimi e Cosenza; e se per un paio di anni svolse il ruolo di direttore del quotidiano «La Riforma », rientrò in Parlamento grazie a elezioni suppletive tenute nel 1871 a Sala Consilina, dove risultò eletto anche nelle politiche del 1874, quando tornò a vincere pure nel collegio di Cosenza, per il quale optò e che restò il suo collegio di riferimento per le successive elezioni politiche nelle quali fu sempre rieletto: del 1876, 1880 (quando risultò anche a Gioia del Colle e Pozzuoli), 1882, 1886, 1890, 1892 e 1895.
Intanto, dopo le politiche del 1876 era mutata la maggioranza parlamentare, col passaggio del governo italiano dalla Destra alla Sinistra. Miceli dapprima si schierò con quei dissidenti di sinistra ad Agostino Depretis che costituirono la Sinistra estrema. A livello locale, invece, iniziò a intessere una rete di alleanze con le  élites  territoriali. Una coalizione di notabili su cui svettava la sua leadership carismatica d'antico patriota e politico di rango nazionale, che lo portò a divenire il principale leader della provincia cosentina. Dal 1876 al 1895, salvo alcune brevi fasi, il Comune di Cosenza fu sotto il controllo del «partito miceliano », al pari di altre amministrazioni locali. Ciò suscitò accuse di gestione clientelare del potere. È anche vero, però, che attorno a Miceli si costituì un'embrionale forma di partito. Il «partito miceliano », infatti, era caratterizzato da «relazioni più dinamiche, non più condizionate da stilemi d'Ancien régime  come la deferenza o la parentela, bensì connesse a canali d'acquisizione del consenso nuovi, in parte inediti, e in ogni caso più moderni rispetto a quelli del partito di notabili » (Addante, 2001, p. 37) che aveva dominato la scena dei primi anni dell'Italia unita.
Decisivo, al riguardo, fu l'entrata di Miceli nell'orbita governativa nazionale. Dopo esser stato segretario della Commissione Bilancio, dall'aprile 1878 al maggio 1879, fu nominato ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio nel terzo governo guidato da Benedetto Cairoli (novembre 1879-maggio 1881). Da ministro s'impegnò, tra l'altro, per l'istituzione di scuole agrarie e professionali, per il riconoscimento delle società  di mutuo soccorso, per bonifiche e rimboschimenti del territorio, per la regolamentazione del lavoro femminile e minorile e più in generale per le condizioni dei lavoratori.
Tornato all'opposizione (1883), si schierò con la cosiddetta Pentarchia, la fronda di sinistra al trasformismo di Depretis guidata da Francesco Crispi, Giuseppe Zanardelli, Alfredo Baccarini, Benedetto Cairoli e Giovanni Nicotera. Nel giugno 1886 entrò a far parte dell'Ufficio di presidenza della Camera dei Deputati, di cui fu vicepresidente fino al dicembre 1890; mentre, però, cadeva Depretis e Miceli rientrava nell'area della maggioranza. Riassunse, così, il dicastero di Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e nel secondo dei governi guidati da Francesco Crispi (dicembre 1888-marzo 1889; marzo 1889-febbraio 1891).
Nel 1892 Miceli fu coinvolto nello scandalo della Banca Romana, scoppiato a seguito della diffusione dei risultati di un'inchiesta da lui stesso disposta quando era ministro che, accertate gravi irregolarità  nella gestione dell'istituto, aveva tenuta segreta al Parlamento. Lo scandalo ne segnò la carriera: il partito miceliano fu sconfitto alle comunali di Cosenza del 1895 da una coalizione massonica, repubblicana, liberal-radicale e socialista. Alle politiche del 1897, poi, Miceli fu sconfitto a Cosenza dal candidato della coalizione, il massone e finanziere Nicola Spada.
Si chiudeva quella che fu la più longeva carriera elettorale del ceto politico calabrese del Regno d'Italia, visto che fu eletto alla Camera per 12 legislature consecutive.
Nel novembre 1898 fu nominato senatore, partecipando fino ai primi del '900 ai lavori d'aula, mentre, come fu ricordato nella commemorazione al Senato del 1907, «la cagionevole salute da qualche anno più non gli consentiva di frequentarne le adunanze ».
Morì a Roma all'età  di 82 anni. Aveva sposato la tedesca Maria Schwarzenberg.
A Cosenza gli è dedicata una via del centro cittadino; una piazza nella sua Longobardi; a Roma, al Gianicolo, il suo busto ne ricorda la difesa della Repubblica romana. (Luca Addante) ICSAIC 2020

Nota bibliografica essenziale

  • Benedetto Musolino, Giuseppe Mazzini e i rivoluzionari italiani, 2 voll., Pellegrini, Cosenza 1982.
  • Francesco Spezzano, La lotta politica in Calabria (1861-1925), Lacaita, Manduria 1968.
  • Emilio Frangella, Luigi Miceli: eroico patriota del Risorgimento, in Atti del 2 ° Congresso storico calabrese, Fiorentino, Napoli 1961, pp. 635-52.
  • Enzo Stancati, Cosenza e la sua provincia dall'Unità  al fascismo, Pellegrini, Cosenza 1988.
  • Luca Addante, Partiti ed élites politiche a Cosenza da Luigi Miceli a Luigi Fera (1882-1913), in «Daedalus. Quaderni di storia e scienze sociali », 15, 2001, pp. 29-52.
  • Maria Luisa Miceli Capocaccia, Luigi Miceli: cospiratore, soldato, deputato d'opposizione, Aracne, Roma 2006.
  • Paolo Posteraro, Miceli, Luigi, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 74, Istituto della Enciclopedia italiana - Treccani, Roma 2010.

Nota archivistica

  • Luigi Alfonso Miceli, in Portale storico della Camera dei Deputati (https://storia.camera.it/deputato/luigi-alfonso-miceli-18240607#nav)
  • Miceli, Luigi, in Archivio storico del Senato della Repubblica (https://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/825dafd139c849bdc125785d0059ad7c/8037f9d8ba3d95b44125646f005d7a05?OpenDocument)
  • Fascicolo di verifica dei titoli di Luigi Miceli, Senato della Repubblica (http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/All/8037F9D8BA3D95B44125646F005D7A05/$FILE/1472%20Miceli%20Luigi%20fascicolo.pdf)

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