Una lettura del presidente Palma sul volume di Dalena su Paolo Cappello

È in uscita il volume Quel garofano spezzato. Paolo Cappello muratore antifascista (1890-1924), scritto dallo storico Matteo Dalena, membro del Consiglio direttivo dell’ICSAIC.
Presentiamo qui l’introduzione del presidente dell’Istituto Paolo Palma che, postata sul blog dell’ANPI Provinciale di Cosenza, offre una lettura del volume in cui Dalena ricostruisce la figura del socialista cosentino ucciso in un agguato fascista nel 1924.

Dalena ricostruisce l’affaire Cappello (di Paolo Palma)

Nel 1924, l’anno della morte di Paolo Cappello, Cosenza contava poco più di trentamila abitanti; era una piccola città  nella quale tutti si conoscevano; e certi giovani, pur di opposte fazioni, vi frequentavano le stesse osterie. Matteo Dalena, giovane storico che racchiude in sé sia l’esperienza dell’ANPI, sia quella dell’ICSAIC, da sempre impegnati a collaborare sui rispettivi versanti, ci racconta la storia di un “pasticciaccio brutto” che ebbe per protagonisti fascisti e socialisti. E lo fa con delicatezza, e con l’onestà  intellettuale che deve sempre guidare lo storico, anche se politicamente schierato. La povera vittima, di soli 34 anni, assurta a simbolo del martirio antifascista, è così collocata nel contesto che le è più congeniale, come scrive l’autore,

quello sporco e pericoloso della strada, della miseria, del vizio, del crimine e della violenza, fatta e subita.

Ecco dunque Paolino Cappello: muratore socialista analfabeta della Massa, figlio d’ignoti, poi monello di strada, malavitoso, ubriacone, disturbatore di funzioni religiose. Dalena ne ricostruisce la biografia con i pochi documenti a disposizione, per lo più giudiziari, secondo un metodo che ricorda le microanalisi dei “microstorici”; e apre così interessanti squarci di storia sociale cosentina: il fetido brefotrofio, detto la “fabbrica della morte”, le sassaiole in riva al Crati, le risse tra giovani avvinazzati, le molestie sessuali. E gli scontri fisici tra squadre di opposta tendenza politica, con zone di ambiguità  e doppiogiochismo, in una fase storica caratterizzata da una diffusa violenza nei partiti, che il fascismo portò alle estreme conseguenze. Erano squadre armate di coltelli, bastoni, e persino di rivoltelle, come quella che uccise Cappello; e questo era uno dei frutti avvelenati della Grande guerra per uomini che s’erano assuefatti all’uso delle armi, alla convivenza con l’idea della morte, alla sottostima della vita umana. La narrazione risulta efficace anche per gli squarci politici. Accanto agli anonimi protagonisti della Cosenza popolana, i capi partito: Pietro Mancini, Fausto Gullo, Michele Bianchi e quei notabili del giolittismo che avevano cominciato a trescare con Mussolini. Dalena indaga anche in questo campo e riesce a dare dignità  di storia alla piccola storia cosentina dello sfortunato “muratore della Massa”.

Paolo Palma
presidente ICSAIC

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