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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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De Lieto, Casimiro

Casimiro De Lieto [Roccella Jonica (Reggio Calabria), 4 aprile 1803 - Firenze, 28 gennaio 1874]

Nacque da Antonio e da Lucia Vuolo, oriundi della costiera amalfitana, una famiglia di idee liberali appartenente a quella borghesia commerciale che accolse con favore la conquista francese del Regno di Napoli ed ebbe  grande parte nelle lotte per il riscatto della libertà  in Calabria. Il re Giuseppe Bonaparte, loro amico, ospite della famiglia durante una visita in Calabria nel 1806,  volle presentato Casimiro che aveva allora soli tre anni e gli concesse un posto gratuito nel Politecnico di Parigi. Fatti segno a gravi attentati e minacce  da bande brigantesche, i De Lieto, furono costretti a trasferirsi a Reggio Calabria. Nel capoluogo seguì i suoi primi studi sotto la guida di due illuminati canonici, G. Paturzo e G. Battaglia.
Nel 1821 si trovava a Napoli per motivi di studio e fu in stretto contatto con i carbonari napoletani ma, sopravvenuta la reazione, fu costretto a emigrare all'estero e a soggiornare, a lungo, in diversi paesi europei. Durante la rivoluzione del luglio 1830 era a Parigi, nella speranza che si creassero condizioni favorevoli per un intervento francese in Italia.  In mancanza di risorse finanziarie, cercò un impiego in una casa di commercio a Rouhan, dove rimase un anno appena. Parti, quindi, per le Americhe, ma giunto alle Antille, fu colpito dalla febbre gialla e dovette rinunziare al suo viaggio.  Tornò in Europa e fino al 1833  fissò a la propria residenza  a Londra.  
Ottenuto dal Comitato di Londra l'incarico di creare nuovi comitati mazziniani, il De Lieto il 25 maggio 1833, lasciò  l'Inghilterra per Parigi per poi proseguite  alla volta dell'Italia. Dopo aver toccato Parigi, Ginevra, Milano, Bologna, Firenze e Roma, si stabilì a Napoli per  organizzare le fila del partito liberale e  porre le premesse di un comitato; ma vi rimase poco tempo, in quanto la polizia l 2 agosto gli intimò di lasciare entro dieci giorni la città  partenopea per l'estero o per Reggio Calabria, dove rientrò, così, dopo undici anni.
A Reggio sposò Caterina Cavassa, figlia di  Grazia Corigliano  e di Simone, grosso commerciante genovese  amico personale di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat. Con questo matrimonio, dal quale nacquero cinque figli, Antonio, Simone, Ferdinando, Giovambattista e Lucia, negli anni di esilio, trascorsi a Genova, poté condurre una vita più agiata, in quanto, accanto all'attività  politica effettuata a favore dell'emigrazione meridionale, egli continuò a curare i suoi interessi commerciali, in ciò facilitato anche dai parenti della moglie. In questi anni, pur mantenendo una condotta cauta per non insospettire il governo, che per il prestigio di cui godeva lo nominò nel 1846 decurione municipale, riprese, tuttavia, i contatti con i liberali del luogo e in particolare con il canonico Paolo Pellicano, notevole figura del liberalismo calabrese. Nella notte tra il 27 e il 28 agosto 1847, dopo lunghi preparativi, si svolse, così, in casa De Lieto la riunione definitiva, nella quale si stabilì che le due città  di Reggio e Messina dovessero sollevarsi insieme il 2 settembre.
Scoppiata la rivolta a Reggio, fu tra i membri della giunta provvisoria di governo che venne formata e presieduta dal Pellicano. Il tentativo rivoluzionario, dopo un momentaneo successo e nonostante che fossero giunti in città  ben settecento uomini armati, guidati dai fratelli Romeo, fu, anche per la defezione di Messina, in poco tempo represso dalle truppe borboniche. Riuscì a fuggire ma alcuni giorni dopo, il 13 settembre, venne catturato a San Roberto in seguito al tradimento di Francesco M. Musolino.
Fu condannato a morte dalla commissione militare «col terzo grado di pubblico esempio » (28 settembre 1847). L'intervento della moglie che chiese direttamente la grazia al re Ferdinando II, riuscì a salvargli la vita. Fu rinchiuso nel bagno penale di Nisida e, successivamente, di Santo Stefano. Liberato il 25 gennaio 1848, in seguito all'amnistia concessa dal re, rimase a Napoli dove prese parte alla vita politica e, dopo un tentativo non riuscito di entrare nel gabinetto presieduto da C. Troya, con decreto dell'8 aprile 1848 fu nominato ministro pienipotenziario nella delegazione napoletana che doveva partecipare a Roma al congresso per la costituzione di una lega italiana, che avrebbe dovuto realizzare forme di collaborazione politica e militare tra gli Stati italiani. Eletto deputato per la provincia di Reggio Calabria, al secondo scrutinio, nelle elezioni del 2 maggio 1848 con 1.897 voti, fu tra i protagonisti della giornata del 15 maggio a Napoli; dopo il fallimento del moto, nel quale i calabresi ebbero grande parte, fu costretto a fuggire e a riparare dapprima a Malta e poi, dopo un lungo viaggio, ritornare, verso la fine del mese, a Reggio, dove insieme con altri patrioti reggini, i fratelli Plutino e Romeo, costituì il Comitato di salute pubblica. Soffocato - quasi sul nascere - il moto progettato, tutti i membri del comitato furono costretti a lasciare la Calabria e a prendere la via dell'esilio. Da Messina, dove insieme con la famiglia rimase fino a quando le truppe borboniche non occuparono la città , si imbarcò da solo per Livorno e, nonostante avesse ottenuto un permesso di soggiorno per tre anni, preferì trasferirsi a Firenze, colà  chiamato dagli amici.
Legato al movimento dei circoli popolari a carattere democratico e antimazziniano, nel capoluogo toscano, nel marzo del 1849, fu eletto al posto di F. D. Guerrazzi che aveva optato per Livorno, deputato alla Costituente. Il suo fallimento nel maggio 1849 lo costrinse a lasciare la città  e a stabilirsi a Genova.
Nella città  ligure esplicò, non senza un certo spirito clientelare, una notevole azione a favore dei rifugiati politici, mantenendo i contatti, aiutandoli finanziariamente (tra questi bisogna ricordare i calabresi Benedetto Musolino e Domenico Mauro) e ospitando molti patrioti provenienti dalle regioni meridionali, come F. Angherà , combattente dei moti del '48 nel Catanzarese.
Tra i membri più in vista dell'emigrazione meridionale, che si era orientato ormai verso il costituzionalismo borbonico sia pure con spirito radicale e non ostile all'alleanza con i repubblicani, si collocò nell'ambito della corrente cosiddetta "bandiera neutra", perché non propendeva né per il murattismo né per il mazzinianesimo, pur essendo d'altra parte convinto che, per la liberazione del Meridione, non bisognasse fare affidamento sulle grandi potenze, ma contare solo sulle proprie forze. Fu tra gli organizzatori del comitato creato per la spedizione di Sapri, nonché di un altro chiamato «la solidarietà  nel bene » che aveva come scopo l'assistenza e il mutuo soccorso tra i soci, estensibili anche ad estranei.
Rientrato in Calabria alla fine del luglio 1860, trovò un nuovo clima politico. Fu perciò indotto ad abbandonare ogni attività  politica. Nominato componente della Commissione per i danneggiati politici, se ne occupò fino al 1862.
Negli ultimi anni della sua vita si ritirò a Firenze, dove morì all'età  di 71 anni. Una Fondazione a suo nome opera nel Liceo Ginnasio Statale Campanella di Reggio Calabria. (Giuseppe Masi) © ICSAIC 2021 - 6  

Nota bibliografica

  • Giuseppe Ricciardi, Storia documentata della sollevazione delle Calabrie del 1848, Tip. S. Pietro a Maiella, Napoli 1873, pp. 20-23, 30, 113, 157;
  • Paolo Pellicano, Ricordi intorno al movimento politico di Reggio Calabria nell'anno 1847, Napoli 1879, pp. 25, 41, 62, 69, 88, 97, 100, 103 s., 116;
  • Paolo Pellicano, Memorie della mia vita, Stab. Tip. di V. Morano, Napoli 1887, pp. 17-18.
  • Vittorio Visalli, I Calabresi nel Risorgimento italiano, II, Tip. ed. G.Tarizzo e figlio, Torino 1893, pp. 59, 64, 69, 71, 103, 117, 155, 213;
  • Oreste Dito, La rivoluzione calabrese del '48, Off. tip. di G. Calio, Catanzaro 1895, pp. 65, 110 s.;
  • Vittorio Visalli, Casimiro De Lieto in Marzo ed Aprile 1848,tipografia D'Amico, Messina 1905;
  • Francesco Fava, Il moto calabrese del 1847, Tip. F. Nicastro, Messina 1906, pp. 26, 38 ss., 42, 53, 57, 59, 63 s., 70, 102, 107, 116, 121 s., 147;
  • Eugenio Casanova, Svolgimento dell'idea e dei fasti nazionali nella Calabria Ultra prima, Tip. Del Senato, Roma 1912, pp. 22, 27-30, 32 s., 38, 40;
  • Matteo Mazziotti, La reazione borbonica nel Regno di Napoli, Società  ed. Dante Alighieri di Albrighi Segati e C.,Milano-Roma-Napoli 1912, pp. 23, 121 s., 319 ss., 378, 381, 385;
  • Vittorio Visalli, Casimiro De Lieto e la Lega Italica del 1848, Tip. della Camera dei Deputati, Roma 1919;
  • Giuseppe Paladino, Il quindici maggio del 1848 in Napoli, Soc. editrice Dante Alighieri, Milano-Roma-Napoli 1920, pp. 52 ss., 71, 415 s., 479, 514;
  • Vittorio Visalli, Lotta e martirio del popolo calabrese (1847-1848), G. Mauro, Catanzaro 1928, pp. 46 ss., 74-88, 90, 97, 118, 123, 126, 134;
  • Giuseppe Morabito De Stefano, La famiglia De Lieto nel Risorgimento nazionale, «Rassegna storica del Risorgimento », XXV, 1938, pp. 323-374.
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  • Gaetano Cingari, Problemi del Risorgimento meridionale, D'Anna, Messina-Firenze 1965, ad indicem;
  • Giuseppe Masi, De Lieto, Casimiro, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 38, Roma 1988 (https://www.treccani.it/enciclopedia/casimiro-de-lieto_%28Dizionario-Biografico%29/).
  • Viviana Mellone, Verso la rivoluzione. Identità  politiche, appartenenze sociali e culturali del gruppo radicale calabrese (1830-1847), «Mediterranea », XII, 35, 2015, pp. 559-584;
  • Viviana Mellone, Dentro la Costituzione democratica. Stato, economia e religione nel progetto inedito di Casimiro De Lieto, «Risorgimento », LXV, 2, 2018;
  • Viviana Mellone, Rete epistolare e reti politiche. Il network di Casimiro De Lieto fra Mezzogiorno e Repubblica romana, «Archivio Storico per le Province Napoletane », CXXXVIII, 2020, pp. 95-122;

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