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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Misefari, Bruno

Bruno Misefari    [Palizzi (Reggio Calabria), 17 gennaio 1892 - Roma, 12 giugno 1936]

Nel registro delle nascite Bruno Vincenzo Francesco Attilio; figlio di Carmelo e Francesca Autelitano, primogenito, (se si esclude la sorellina Vincenza Maria morta in tenerissima età ) di una numerosa famiglia, nove figli, di cui due, Enzo e Florindo, seguiranno le sue orme aderendo al movimento anarchico e un altro, Ottavio, diventerà  calciatore giocando nel Messina e nella Reggina.
Dopo aver frequentato la scuola elementare nel suo piccolo paese, all'età  di 11 anni si trasferisce a Reggio per proseguire gli studi e trova ospitalità  in casa dello zio Vincenzo, fratello della madre.  Influenzato dalle frequentazioni di socialisti e anarchici in casa dello zio, partecipò attivamente alla fondazione e allo sviluppo di un Circolo giovanile socialista, intitolato ad Auguste Bebel. Iniziò a collaborare al giornale «Il Lavoratore », organo della  Camera del Lavorodi  Reggio Calabria, firmando gli articoli con lo pseudonimo di  Lo studente. Collaborò nello stesso periodo a «Il Riscatto », periodico socialista-anarchico stampato a  Messina, e a «Il Libertario », pubblicato a  La Spezia  e diretto da  Pasquale Binazzi. Il 5 marzo  1912, a causa della sua attività  antimilitarista esercitata all'interno del Circolo contro la  Guerra italo-turca, fu arrestato e condannato a due mesi e mezzo di  carcere  per   «istigazione alla pubblica disobbedienza ». Nel processo d'appello, tenutosi a Catanzaro, la condanna viene confermata con la condizionale.  
Fu nei due anni successivi che si convertì dal socialismo all'anarchia. Ciò avvenne soprattutto con la frequentazione, cominciata a partire dal  1910, con il professor Giuseppe Berti di Ancona, suo professore di fisica presso l'Istituto Tecnico «Raffaele Piria ». Conseguito il diploma, vorrebbe iscriversi in Lettere o in Filosofia, ma suo padre lo costringe a iscriversi in Ingegneria a Napoli.  Nondimeno continuò per proprio conto gli studi da lui prediletti:  politica,  filosofia,  letteratura, come aveva fatto fino ad allora. A  Napoli  si fece subito avanti nell'ambiente  anarchico. Nel  1915  si rifiutò di partecipare al corso allievi ufficiali a  Benevento  e fu condannato a quattro mesi di  carcere  militare. Diserterà  una seconda volta il 28 settembre  1916, trovando rifugio nelle campagne del beneventano in casa di un contadino. Tornato a  Reggio Calabria, il 5 marzo  1916  interruppe una manifestazione  interventista  nella centrale  Piazza Garibaldi, salendo sul palco e pronunciando un discorso antimilitarista. Venne per questo motivo arrestato e condotto presso il carcere militare di  Acireale; sette mesi dopo venne trasferito presso quello di  Benevento. Da lì riuscì a evadere grazie alla complicità  di un amico secondino. Fu tuttavia intercettato alla frontiera con la Svizzera; nuovamente incarcerato, riuscì ad attuare un'altra fuga nel giugno del  1917. Il 19 giugno  1917  toccò il territorio svizzero ma i gendarmi lo condussero al  carcere  di  Lugano. Giunte dalla  Calabria  le informazioni su di lui, essendo considerato un uomo politico e non un delinquente comune, dopo quindici giorni venne liberato con la facoltà  di scegliere il luogo di residenza. Indicò subito  Zurigo, dove sapeva di potere rintracciare  Francesco Misiano, suo conterraneo e caro amico e noto esponente politico  socialista, anche lui accusato di diserzione. A Zurigo trovò ospitalità  presso la famiglia Zanolli, e si innamorò, a prima vista, della giovane Pia che diventerà  sua compagna di vita. Durante il periodo di esilio in  Svizzera, svolse un'intensa attività  politica tenendo i contatti con  Luigi Bertoni  e con altri gruppi anarchici elvetici, collaborando anche al giornale: «Il Risveglio Comunista Anarchico ». Svolse una serie di conferenze in varie città  della  Svizzera  presentandosi con un suo pseudonimo anagrammatico  Furio Sbarnemi. A  Zurigo  frequentò la Cooperativa socialista di  Militaerstrasse 36  e la libreria internazionale di  Zwinglistrasse  gestita dai disertori  Giuseppe Monanni, Francesco Ghezzi e Enrico Arrigoni. In questi ambienti conobbe anche  Angelica Balabanoff, dirigente di primo piano del Partito Socialista, mentre in casa Zanolli ebbe modo di conoscere e frequentare la poetessa Ada Negri alla quale sottopose, dopo molte esitazioni, i suoi componimenti poetici. Il giudizio della poetessa fu molto negativo ma non si scoraggiò.  
Il 16 maggio  1918  venne arrestato per un complotto totalmente inventato dalla polizia. Fu incolpato di aver fomentato una rivolta in città   e di   «aver fabbricato bombe a scopo rivoluzionario ». Con lui furono arrestati diversi attivisti politici, tra i quali lo stesso  Francesco Misiano, che poi venne rilasciato perché  socialista  e non  anarchico. Rimase in  carcere  per sette mesi e venne poi espulso dalla  Svizzera  nel luglio  1919. Grazie a un regolare passaporto per la  Germania, ottenuto per ragioni di studio, si recò a  Stoccarda. Lì entrò in contatto con Vincenzo Ferrer e con  Clara Zetkin, una delle fondatrici del Partito Comunista Tedesco, che gli rilasciò una lunga intervista sul movimento rivoluzionario in Germania). Nell'ottobre nel  1919  poté rientrare in patria, in seguito all'amnistia  promulgata dal governo  Nitti. Due mesi dopo era a  Napoli  e poi a  Reggio Calabria, per salutare finalmente i suoi familiari.    A  Napoli, nel clima surriscaldato del dopoguerra, partecipò come oratore a molte manifestazioni, si prodigò a favore dei suoi compagni colpiti dalla repressione, denunciò le provocazioni della polizia; tenne numerose conferenze e comizi. Con il dentista anarchico Giuseppe Imondi, stamparono alcuni numeri del giornale «L'Anarchia ».  
Tra la fine del  1920  e l'inizio del  1921  ebbe stretti contatti con  Errico Malatesta,  Camillo Berneri,  Pasquale Binazzi,  Armando Borghi,  Giuseppe Di Vittorio  e altri esponenti dell'anarchismo  e del sindacalismo italiano. Nel  1921  si impegnò su più fronti per la campagna a favore degli anarchici  Sacco e Vanzetti. Nello stesso periodo (1920-21) fu corrispondente di «Umanità  Nova », settimanale anarchico diretto da Errico Malatesta e collaborò al periodico: «L'Avvenire anarchico » di Pisa. Nel  1922  riprese gli studi a  Napoli  e il 18 agosto  1923  si laureò in  ingegneria. Qualche mese dopo s'iscrisse alla facoltà  di filosofia. Nonostante l'avvento del  fascismo, nel  1924  fondò, insieme con Nino Malara, un giornale  libertario, «L'Amico del popolo », che però dopo il quarto numero fu soppresso dalle autorità . Avviò l'attività  professionale e da esperto di  geologia, progettò per primo in Calabria l'industria  del  vetro  e fondò nel  1926  a Villa San Giovanni, la prima vetreria in Calabria (Società  Vetraria Calabrese). In quegli stessi anni subì però persecuzioni continue da parte del  regime. Fu cancellato dall'Albo di categoria e non poté più firmare progetti. Gli venne mossa l'accusa di avere «attentato ai poteri dello Stato, per il proposito di uccidere il re e Mussolini ». Venne prosciolto dopo venticinque giorni di carcere. Nel  1931, la polizia ravvisò in un discorso di commemorazione durante il funerale di un amico (tra l'altro l'industriale fascista Giuseppe Zagarella) un'ispirazione anarchica e pertanto fu proposto per l'assegnazione al  confino. Il 31 marzo  1931  fu arrestato, in carcere sposò la sua compagna Pia Zanolli. In luglio fu inviato al confino, a  Ponza. Tuttavia sembra che tale provvedimento fosse stato determinato da altri motivi. «Giustizia e Libertà  », in un articolo anonimo datato 21 dicembre  1933  dal titolo «Politica e affarismo. Il caso di un ingegnere libertario », attribuisce la causa del confino alle manovre dei suoi ex soci dirette a estrometterlo dalla gestione della società . Durante il confino stringe amicizia con  Domizio Torrigiani, Gran Maestro del  Grande Oriente d'Italia, il quale lo affilia alla  Massoneria. Grazie all'amnistia  del decennale della marcia su Roma, viene liberato dopo due anni di confino    ma, tornato in  Calabria, si rende conto di essere completamente isolato perché il regime gli ha fatto il vuoto intorno. Nel novembre del  1933  gli viene diagnosticato un  tumore  al cervello e tuttavia non abbandona i suoi progetti di studio e di ricerca in campo minerario. Nel  1935, dopo mesi di trattative con diverse ditte, riesce a trovare il capitale necessario per l'impianto di uno stabilimento per lo sfruttamento della  silice  a  Davoli  (in  provincia di Catanzaro). Le sue condizioni di salute, nel frattempo, peggiorano a causa del tumore e il 12 giugno  1936  perde conoscenza, viene ricoverato in stato gravissimo nella clinica romana del Senatore  Giuseppe Bastianelli  e lì si spegne la sera stessa.  (Antonio Orlando)   © ICSAIC 2019 - 11

Opere

  • Utopia? No, a cura di Pia Zanolli, Alba Centro Stampa, Roma 1976;
  • Schiaffi, Carezze e altro, nuova edizione a cura di Pino Vermiglio, Ogginoi Edizioni, Laureana di Borrello 2009;
  • (Furio Sbarnemi),  Diario di un disertore. Un anarchico contro la guerra, La Nuova Italia, Firenze 1973; 2 ª ed. Gwynplaine, Camerano 2010.

Nota bibliografica

  • Pia Zanolli,  L'Anarchico di Calabria,  La Nuova Italia, Roma 1972;
  • Enzo Misefari,  Bruno, biografia di un fratello, Zero in condotta, Milano 1989;
  • Giuseppe Masi,  Bruno Misefari,  in  Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 75 - Enciclopedia Treccani, Roma 2011,  ad nomen;
  • Anna Caroleo,  Bruno Misefari,  in  Dizionario biografico degli anarchici italiani - vol. II  (a cura di Maurizio Antonioli, Gianpietro Berti, Santi Fedele, Pasquale Luso),    BFS Edizioni, Pisa 2004,  ad nomen;
  • Pino Vermiglio,  Vita di un Libertario. Dalla guerra di Libia alla Grande Guerra, (racconto in 4 puntate),   «Aspromonte », dicembre 2015; gennaio, febbraio e    marzo 2016;
  • Antonio Orlando,  Anarchici e Anarchia in Calabria, Edizioni Erranti, Cosenza 2018.

Nota archivistica

  • Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, D.G.P.S., Confino, b. 680.
  • Archivio Bruno Misefari, presso International Institute of Social History, Amsterdam.
  • Fondo Bruno Misefari, presso Fondazione Lelio e Lisli Basso, Issoco, Roma.

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