Il centenario di Rosario Villari. Un’intervista di Veltri ad Ambrogio

Pubblichiamo, nel centenario della nascita dello storico Rosario Villari [Bagnara Calabra (Reggio Calabria), 12 luglio 1925 – Cetona (Siena), 17 ottobre 2017] l’intervista di Filippo Veltri a Franco Ambrogio, entrambi soci ICSAIC, che verte sulla figura di Villari, soprattutto come politico e dirigente del PCI. Nella stessa pagina del Quotidiano di sabato 12 luglio 2025, anche un profilo dello storico, scritto da Luca Addante. Buona lettura

CENTENARIO ROSARIO VILLARI TRA STORIOGRAFIA E POLITICA NEL SECONDO DOPOGUERRA

DI FILIPPO VELTRI

Nasceva 100 anni fa come in questi giorni di luglio Rosario Villari, uno dei più grandi intellettuali che la Calabria abbia avuto. Per dirne solo una: alzi la mano chi non ha studiato o non ha visto studiare figli e nipoti sul suo famoso manuale di storia dalla copertina rossa!

Ma Villari non è stato solo quello. C’è un Villari politico, forse meno conosciuto ma non per questo meno importante e ne parliamo con Franco Ambrogio, dirigente di primo piano del PCI che di Villari è stato amico e compagno e che ne valorizzò al massimo la personalità proprio su questo versante.

  • Come ti è venuto in mente di candidarlo nel 1976 capolista alla Camera nella lista del PCI?

Villari nel corso degli anni ’70 era ormai uno storico noto al livello internazionale, ma non faceva mancare con puntualità i suoi interventi nel confronto polemico sulla politica verso il Mezzogiorno, allora palesemente in crisi. Per quanto riguardava noi, lo avevamo anche coinvolto, per avere i suoi consigli, nel comitato di redazione della rivista “Lotta calabrese”. Nel ’76 il processo di “rifondazione” della politica e della fisionomia del PCI in Calabria, dopo la crisi degli anni sessanta e i fatti di Reggio C., era andato molto avanti insieme alla maturazione del suo gruppo dirigente. Ragionando con la segreteria del partito, in particolare con Chiaromonte e Bufalini, sul carattere da dare alla lista venne fuori l’idea della candidatura di Villari. Era la soluzione migliore per un ulteriore allargamento e qualificazione del gruppo dirigente con l’apporto di un intellettuale che aveva una profonda cultura meridionalista e un legame importante con la storia della sinistra in Calabria. Di quella campagna elettorale ricordo, in particolare, la sua emozione nella piazza di Bagnara, il suo paese d’origine, dove aveva voluto che insieme parlassimo, in una atmosfera familiare, di confidenza quasi fisica fra i partecipanti. Più che un evento elettorale era una festa per un figlio ritrovato.

  • Perché dopo tre anni lasciò Montecitorio pur essendo stato eletto con 130 mila preferenze?

In quegli anni Villari fu un convinto sostenitore della politica berlingueriana del compromesso storico. Nel contempo egli sentì fortemente la necessità dello sviluppo coerente di una strategia basata <<sull’inscindibilità fra democrazia, libertà e socialismo>>, mettendo da parte definitivamente ogni residuo legame con l’esperienza del “socialismo reale”. Riguardo al perché della sua rinuncia alla candidatura nel ’79, credo vi siano stati due motivi, uno contingente e uno più d fondo. Il primo ha a che fare con lo spaesamento e la delusione derivanti dalla crisi della politica di solidarietà nazionale causata dall’uccisione di Moro. Il secondo riguarda la sua scelta di vita: il lavoro di storico. Nel ’76 era stato incaricato di dirigere la rivista “Studi storici” dell’Istituto Gramsci. Un impegno notevole sul piano intellettuale e pratico che lo aveva tenuto ancorato ai suoi interessi preminenti. Il richiamo di questi prevalse.

  • Ma riandiamo indietro nel tempo: leggo sulla sua biografia su Treccani fu redattore del settimanale del Partito comunista (PCI) reggino Il Lavoratore, attorno al 1942 e si iscrisse al Pci. Addirittura Responsabile della Commissione stampa e propaganda e poi della Commissione culturale del PCI di Reggio- E poi nel Comitato Centrale. Era dunque un vecchio militante e non solo, come poi fu, un intellettuale organico o sin dall’inizio o tutte e due le cose? Ricordo ad esempio che nel 1947 diffuse un manifesto che contestava il ritardo della cultura reggina e meridionale di fronte alle esigenze dell’Italia uscita dal fascismo e nel 1949-50 fu tra i leader dell’occupazione contadina delle terre, operando nelle zone di Caulonia, Bivongi, Pazzano e Stilo.

Vediamo. Villari è un giovane studente universitario quando aderisce al PCI e comincia a scrivere sul giornale comunista articoli di impegnato taglio culturale. Dopo poco tempo, scrive racconti e poesie, che vengono molto apprezzati da Vittorini e pubblicati sulla rivista Il Politecnico. Nell’intervista biografica con Francesco Giasi, purtroppo incompiuta, Villari spiega:<< Maturò in me l’esigenza di rappresentare la realtà che avevo scoperto: la letteratura come impegno sociale e come modo per descrivere la realtà che mi stava attorno. L realtà in cui ero sempre vissuto, e di cui presi allora consapevolezza, era dominata da miseria, oppressione e violenza.>>Agli interessi letterari si accompagnano gli studi filosofici con Della Volpe e via, via prende piede l’interesse per la storia insieme allo studio di Marx e Gramsci.Quando, nel 1949, Mario Alicata divenne segretario regionale del PCI in Calabria cercò di dare una svolta al partito anche attraverso il coinvolgimento dei giovani intellettuali trovò sensibilità e disponibilità in Villari, che tentò di coniugare l’impegno politico con il lavoro intellettuale.A quindici anni, ricordò Villari, ciò che mi aveva scosso divenne per me vitale: la miseria dei contadini. Per questo l’esperienza politica che lo segnò maggiormente, e di cui era molto orgoglioso, fu dirigere, per incarico della camera del lavoro di Reggio,il movimento di occupazione delle terre del principe di Roccella e del barone Asciutti, comprese fra i comuni di Caulonia, Bivongi, Pazzano e Stilo.Quando i suoi studi e l’insegnamento universitario si indirizzarono definitivamente verso la storia l’impegno politico diretto si concluse.Nei suoi studi, e con le prime pubblicazioni, Villari iniziò quel cammino a ritroso di indagine storica sulle condizioni dei contadini e sulle strutture economiche e sociali del Mezzogiorno che divenne il centro del suo lavoro intellettuale. Un cammino a ritroso che suscitò rapidamente interesse anche fuori dall’Italia. Mi piace ricordare che l’ultimo suo scritto, pubblicato postumo, fu la premessa al mio libro sul dopo guerra in Calabria in gran parte dedicato ai rivolgimenti causati dalle lotte dei contadini.In Villari, per concludere, l’impegno politico rimane chiaramente separato dall’indagine storiografica. In lui non c’è confusione tra la militanza politica e il lavoro dello storico.

  • La cosa che più mi intriga nella figura di Rosario Villari sotto questo specifico angolo visuale è il suo impegno meridionalista che poi significa impegno politico in senso stretto. Le cose si tenevano insieme e come? Cosa fece in questa direzione?

Il suo primo, fondamentale contributo fu la creazione della “Biblioteca meridionalista”, una rubrica nella rivista “Cronache meridionali”, in cui comparivano saggi storici, recensioni e una selezione di scritti di personalità politiche e di studiosi del Mezzogiorno. Lo scopo era quello di creare una tradizione del pensiero meridionalista i cui interpreti fossero accumunati dalla volontà di mettere il Mezzogiorno al centro della vita nazionale. La raccolta andava dai liberali-conservatori (Fortunato, Franchetti, Sonnino) a Nitti e Salvemini, da Sturzo a Dorso fino a Gramsci. Un lavoro che durò anni e che sfociò, il 1961, nella pubblicazione della grande Antologia, “Il Sud nella storia d’Italia”, che ebbe un’enorme influenza nella formazione culturale e politica di diverse generazioni. Nell’introduzione innovativa vengono superate le analisi sul “sacrificio” del Mezzogiorno sfruttato come mercato coloniale e si individua in <<una radicale “rinunzia” a utilizzare nel processo di ammodernamento del paese il potenziale di risorse umane, economiche, politiche e intellettuali del Mezzogiorno>> il punto essenziale dello svolgimento della storia nazionale.Lo sviluppo del pensiero meridionalista di Villari si snodò per tutti anni ?60 e ’70 confrontandosi e, spesso, scontrandosi con teorie e politiche che il tempo ha dimostrato essere fallimentari.

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