di Vittorio Cappelli
Sono trascorsi cinquant’anni dalla scomparsa di Umberto Caldora (Castrovillari 19 agosto 1924 – Arcavacata 6 novembre 1975), che avvenne all’improvviso in una maisonette del centro residenziale dell’Università della Calabria, dove aveva appena dato inizio al suo secondo anno di insegnamento, come ordinario di Storia Moderna e direttore del Dipartimento di Storia.
Aveva da poco compiuto 51 anni. Era tornato in Calabria per scelta – lasciandosi alle spalle molti anni di lavoro nella Biblioteca Nazionale di Napoli e poi nelle Università di Bari e Lecce – per coronare una battaglia di cui era stato protagonista appassionato; quella battaglia che voleva finalmente per la Calabria, non un ateneo di provincia che sarebbe stato vittima di campanilismi e pressioni clientelari, ma una moderna università a carattere residenziale e a prevalente indirizzo tecnologico.
Fu una battaglia difficile, condotta con Tristano Codignola nella Commissione Scuola del Partito Socialista, e più in generale nel mondo culturale italiano, che coinvolse intellettuali e studiosi come Giorgio Spini, Lucio Gambi, Luigi Firpo, Giuliano Toraldo di Francia e tanti altri.
Fu Umberto Caldora a scrivere di suo pugno un appello per la creazione dell’Università in Calabria, pubblicato nel marzo 1966 sulla prestigiosa rivista «Nord e Sud», diretta a Napoli da Francesco Compagna; un appello al quale aderirono, oltre ai personaggi citati, non solo storici come Gaetano Cingari, Nino Cortese, Franco Della Peruta, Giuseppe Galasso, Giuseppe Giarrizzo, Ettore Passerin d’Entrèves, Franco Venturi, Pasquale Villani; ma anche politici come Enzo Enriques Agnoletti e Ferruccio Parri; editori come Valentino Bompiani e Angelo Rizzoli; giornalisti come Luigi Barzini jr.; artisti e poeti come Giò Ponti e Salvatore Quasimodo; i Rettori delle Università di Bologna e Firenze, della Bocconi e della Statale di Milano, ecc.
Se l’Unical è oggi una grande e moderna università a carattere residenziale, apprezzata anche oltre i confini nazionali, lo si deve anche alla battaglia pionieristica condotta da Umberto Caldora con pochi altri – tra i quali ricordiamo Gaetano Greco Naccarato e Antonio Guarasci –, vincendo pigrizie, piccinerie, campanilismi, ritardi culturali e clientelismo politico. Per questa ragione gli fu intitolata quella che fu la prima aula magna del campus, in una bella struttura sospesa in ferro sulla collina di Arcavacata.
Ma a 50 anni dalla sua morte, Caldora va oggi ricordato anche per il suo contributo di studioso della storia moderna della Calabria e del Mezzogiorno. Malgrado la sua prematura scomparsa, riuscì a darci per oltre vent’anni studi che ancora oggi sono un punto di riferimento ineludibile, per chi voglia studiare e comprendere la storia del Mezzogiorno tra Sette e Ottocento, in specie per il cruciale “decennio francese” (1806-1815). Basti ricordare la monografia sulla Calabria Napoleonica (Fiorentino, Napoli 1960), cui fu assegnato il “Premio Sila”; la pubblicazione delle relazioni sulla Calabria della Statistica murattiana del Regno di Napoli (Università di Messina, 1960); l’edizione del Diario segreto di Ferdinando IV di Borbone (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1965); la corposa raccolta di saggi Fra patriotti e briganti (Adriatica, Bari 1974).
Umberto Caldora, insomma, fa parte a pieno titolo di quel piccolo drappello di storici calabresi, tutti nati negli anni Venti del secolo scorso, che hanno contribuito a rinnovare la storiografia italiana del Novecento: con lui, nato nel 1924, ricordiamo Rosario Villari, nato nel ’25, e Gaetano Cingari, nato nel ’26. Ma su questo occorre tornare a ragionare con calma, nei luoghi e nelle forme più opportune.
Per approfondimenti | Il profilo biografico di Caldora sul Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea












