Foibe: un libro di Giuseppina Mellace, socia ICSAIC


Il 10 febbraio, “Giorno del Ricordo” dal 2005, si fa memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo dalmata-giuliano avvenuto alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Migliaia di italiani ritenuti nemici dalle milizie di Tito (ci sono divergenze e polemiche sulla conta delle vittime) furono torturati, uccisi e gettati – a volte vivi – nelle profonde fenditure carsiche dette foibe. E’ un tema per molti aspetti ancora divisivo, oggetto di polemiche e di diverse interpretazioni storiografiche, che origina dalle vendette dei partigiani titini nei confronti della popolazione italiana poiché l’Italia fascista aveva duramente agito in quei territori imponendo “l’italianizzazione forzata” e vessando la popolazione slava in vario modo, anche con efferati crimini.
In quei territori, peraltro, si registrarono anche vittime infoibate calabresi, tra esse i militari Pasquale Pellegrino, Antonio Muraca, Giacomo Spezzano, Gaetano Mirenzi, Giuseppe Crea, i fratelli Mario e Oscar D’Atri, Umberto Abate, i civili Severino Quartuccio, Michele Lubrano e altri ancora.
Su questo argomento Giuseppina Mellace, docente, nonché socia dell’ICSAIC (nel numero 2/2023 della “Rivista Calabrese di Storia del ‘900” è presente la recensione del suo lavoro “La Marcia su Roma – Uno degli eventi più tragici e importanti della storia italiana” edito da Newton Compton nel 2022), autrice di numerose pubblicazioni sul periodo fascista e sulla Seconda Guerra Mondiale, tra le quali “Delitti e stragi dell’Italia fascista 1942-1945” e “I dimenticati di Mussolini. La storia dei militari italiani deportati nei lager nazisti e nei campi alleati dopo l’8 settembre 1943”, editi entrambi pure da Newton Compton, ha dato da poco alle stampe il suo saggio dal titolo “Le foibe” (LEG Edizioni – Gorizia, 2024).
Il libro di Giuseppina Mellace offre un panorama a trecentosessanta gradi sul come si giunse a questa tragedia a ridosso del confine nord-orientale italiano. Partendo da un breve excursus storico-geografico per far comprendere al lettore i punti salienti dello sviluppo dell’area un tempo italiana, l’Autrice si sofferma sul fascismo, che assunse un carattere fortemente repressivo nei confronti dell’etnia slava, ritenuta di rango “inferiore”, e ricorda a proposito i campi di concentramento del Duce ancora poco noti e poco studiati.
Mellace illustra come venne attuata, all’indomani dell’armistizio, attraverso deportazioni e infoibamenti, l’espansione territoriale del nuovo stato jugoslavo e dedica un capitolo alle stragi di Porzus e Vergarolla, che presentano tuttora lati oscuri, e alla figura dell’attivista fascista Maria Pasquinelli, proprio per evidenziare quanto complessa e variegata sia stata questa tragedia del confine orientale italiano.
Tornando al tema del suo lavoro, le foibe, l’Autrice spiega non solo in che cosa consistono, ma come queste abbiano assunto nel tempo varie accezioni ed interpretazioni letterarie come le “foibe azzurre”, per indicare i luoghi in cui le vittime venivano gettate nel mare e non nelle cavità carsiche.
Mellace si sofferma anche sulle donne di quei luoghi, da sempre considerate bottino di guerra e che lei definisce “vittime mute” in quanto, oltre alla morte fisica subirono anche quella della damnatio memoriae. Vengono riportati i loro nomi con poche altre notizie a riguardo poiché considerate “danni collaterali” e solo perché erano madri, mogli o figlie di uomini che dovevano sparire. Un intero capitolo viene, inoltre, dedicato a Norma Cossetto, considerata l’emblema di questa tragedia, una studentessa infoibata per aver rifiutato di ricusare l’appartenenza al fascismo, alla quale venne conferita nel 1949 dall’Università di Padova, su proposta del latinista e deputato del Pci Concetto Marchesi, la laurea honoris causa in lettere classiche e alla cui memoria nel 2005 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì la medaglia d’oro al merito civile.
Il dibattito sulle foibe rimane, al di là dei numeri delle vittime e dei prigionieri, anche se spesso si dimentica l’entità dell’esodo dalmata-giuliano e la non facile integrazione dei profughi nelle diverse aree del territorio italiano.
Lo scorso 2 febbraio, nell’ambito delle attività collegate al “Giorno del Ricordo”, una delegazione dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, guidata dal presidente Paolo Pezzino e dal direttore generale Sara Zanisi, presenti diversi componenti della rete nazionale degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea – della quale fa parte anche l’ICSAIC – si è recata in due luoghi simbolici, il Magazzino 18 presso il Porto Vecchio di Trieste e il monumento della foiba di Basovizza.

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