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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Tornatora, Mario

Mario Tornatora [Scido (Reggio Calabria), 6 luglio 1925 - Polistena (Reggio Calabria), 19 settembre 1986]

Primogenito di Vincenzo e Marina Silipo, cui seguiranno altri due fratelli, Alberto e Pasqualino, cresce nel piccolo paese aspromontano, dove il padre gestisce un frantoio oleario. Di idee socialiste, Vincenzo non riesce a rassegnarsi all'avvento del fascismo e manifesta apertamente il suo dissenso. Nel 1931 la famiglia si trasferisce a Polistena, paese natale della madre.
Secondo i due coniugi, nella cittadina della Piana le occasioni di lavoro sarebbero state maggiori, il controllo fascista meno asfissiante e, soprattutto, i ragazzi avrebbero avuto maggiori possibilità  di studiare. Terminate le scuole elementari, Mario s'iscrive al Corso di avviamento professionale per l'agricoltura e nel 1939 consegue la licenza di scuola secondaria di avviamento professionale agrario che gli consente di proseguire gli studi all'Istituto tecnico agrario. Dal 1942 al 1945 ebbe l'incarico di insegnante di Esercitazioni pratiche in agricoltura presso la Scuola di avviamento professionale di Polistena. Malgrado la giovane età , si rivela un docente capace, preparato, disponibile e attento e, pur avendo come alunno il fratello minore Pasqualino, dimostrò un'imparzialità  assoluta.
Nella primavera del 1944 promuove un Comitato di giovani volontari per fornire aiuto ed assistenza ai profughi che giungono dalle zone di guerra, specialmente dal litorale laziale e da Cassino. Il Comitato provvede alle necessità  incombenti e riesce anche a procurare qualche alloggio di fortuna. Nel 1946, senza bisogno di alcuna sollecitazione paterna, s'iscrive al Partito comunista e nello stesso anno, suo padre, che non aveva mai smesso di svolgere attività  politica, candidato in una lista frontista e unitaria, formata da socialisti e comunisti, viene eletto consigliere comunale e qualche mese dopo viene nominato assessore all'Annona. L'esperienza amministrativa del padre si conclude proprio mentre si avvia l'attività  sindacale e politica dei suoi figli e di Mario in primo luogo, che sceglie la politica come "professione" da svolgere con passione al servizio delle classi popolari.
Nel marzo del 1950, sotto l'egida della Cgil, Mario si pone alla testa di un movimento bracciantile che intende occupare, forte delle disposizioni contenute nei «Decreti Gullo », le terre incolte del duca Sforza per procedere, dopo un'approssimativa quotizzazione, all'avvio di attività  di coltivazione. L'intervento delle forze dell'ordine, che arrestano, oltre a lui, i più importanti esponenti sindacali, stronca l'azione del movimento. Le condanne del Tribunale di Palmi sono blande, ma egli viene anche condannato per il reato di oltraggio alle forze dell'ordine. Due anni dopo, candidato nella lista comunista, risulta il terzo degli eletti dopo il segretario della Camera del lavoro Rocco Pizzarelli, molto popolare e ben voluto dai lavoratori. Entra in Giunta come assessore con delega all'Annona, però nel 1954 si dimette e accetta l'importante incarico di responsabile provinciale del Patronato Inca. Il Sindacato ha modo di verificare le capacità  organizzative del giovane Mario la cui attività  non si limita all'assistenza e al disbrigo delle pratiche burocratiche. Egli partecipa attivamente agli scioperi e alle lotte bracciantili che nel corso degli anni Cinquanta interessano le aree olivicole della Piana e le zone della fascia Jonica coltivate a gelsomino. Lo sciopero del 1954 lo vede in prima fila sia negli scontri con la polizia sia poi nelle lunghe ed estenuanti trattative con i magistrati e le forze dell'ordine per ottenere la scarcerazione di Pizzarelli, arrestato a Polistena dai Carabinieri e di cui la folla chiedeva la liberazione come presupposto imprescindibile per porre fine alle manifestazioni e ai blocchi stradali.
Rieletto in Consiglio comunale nel 1956, pur senza abbandonare Polistena, si dedica con rinnovato impegno all'attività  politica dividendosi tra il sindacato e il partito. Nel 1965 assume l'incarico di segretario della Federazione provinciale del Pci di Reggio Calabria e quasi contemporaneamente viene eletto Presidente dell'Ente ospedaliero «S. Maria degli Ungheresi » di Polistena. Nel decennio in cui ricopre l'incarico di amministratore dell'ospedale, ancora una volta, ha modo di far valere le sue capacità  di organizzazione con una gestione attenta ai bisogni della popolazione, per la salvaguardia della salute pubblica e l'instaurarsi di un corretto rapporto tra utenti e operatori sanitari, senza favoritismi e senza raccomandazioni.
Il suo obiettivo primario è quello della realizzazione di una nuova struttura ospedaliera, moderna e funzionale. Esiste un progetto elaborato nel 1954 e i lavori sono stati appaltati nel 1966, ma vanno a rilento, più volte sono stati interrotti, ci vuole qualcuno che porti a compimento quest'opera. Il nuovo ospedale di Polistena verrà  inaugurato, con una grande festa, alla presenza di numerose autorità , il 10 novembre 1974, ma non lo considererà  un traguardo bensì solo la prima tappa atta a fornire un servizio ospedaliero più umano e più dignitoso.
Candidato alle prime elezioni regionali del 1970, risulta il primo dei non eletti. Anche se poi, il 23 aprile 1975, viene proclamato consigliere in sostituzione del defunto Giuseppe Fragomeni, si tratta di una brutta battuta d'arresto che passa subito in secondo piano poiché è costretto, come massimo dirigente del Pci nella provincia, ad affrontare la marea montante della rivolta reggina, che trova i comunisti impreparati. Per la prima volta il Pci non è alla testa di un movimento di protesta, si ritrova spiazzato, costretto sulla difensiva, a inseguire masse popolari che sembra gli abbiamo girato le spalle. Con la correttezza che lo contraddistingue e con molta dignità , Mario si assume responsabilità  e colpe che, certo, non sono solo sue e avvia un percorso di riflessione sui ritardi, sugli errori, sulle sottovalutazioni, commessi da un partito, forse troppo adagiato sui risultati raggiunti. In questo modo favorisce, con la sua innata eleganza, con la signorilità  che lo contraddistingue un dibattito ampio e aperto, forte e sincero, che permette un ricambio con l'ingresso in Segreteria di nuovi quadri.
Nuovamente candidato alle regionali, nel 1975 viene eletto con un ampio consenso e gli viene affidata la presidenza della Commissione Politica economica e assetto del territorio; ancora una volta si fa apprezzare per la serietà , l'impegno, la correttezza che dimostra nei confronti di amici e avversari. Affronta le questioni con competenza, si documenta, studia le varie problematiche e i suoi interventi sia in aula che in commissione, non sono mai banali. Due sono le tematiche che più gli stanno a cuore: l'ammodernamento delle grandi infrastrutture, le ferrovie, gli aeroporti, i porti e gli approdi, le comunicazioni sullo Stretto, l'autostrada, le strade di grande comunicazione e le linee ferroviarie interne, la Calabro-Lucana, di cui propone la completa ristrutturazione e il risanamento finanziario. L'altro polo di suo primario interesse è quello bancario e finanziario con una particolare attenzione rivolta alle piccole banche locali - le banche popolari e le casse rurali e artigiane - delle quali avverte la fragilità  e la precarietà , schiacciate da colossi, le cui mire speculative non tengono in alcun conto gli interessi dei piccoli imprenditori, degli artigiani e degli agricoltori calabresi.
Nel 1980, al termine di una lunga e controversa riunione della segreteria e del Comitato Federale del Pci, convocata per la composizione delle liste elettorali, non viene ricandidato alle elezioni regionali. Avrebbe potuto, visto che la decisone è stata lungamente in bilico, forzare la mano e andare a uno scontro frontale dalle conseguenze imprevedibili. Abituato ad anteporre all'interesse personale quello che considera un valore supremo, cioè l'unità  interna del Partito, rinuncia spontaneamente «perché importante non è la singola candidatura, ma l'affermazione del partito e degli interessi sociali che esso rappresenta ». Non c'è neppure il tempo di analizzare il risultato elettorale che, a Rosarno, viene assassinato in un agguato mafioso, Peppe Valarioti, segretario della sezione. Mario avverte che la 'ndrangheta ha colpito duramente i comunisti perché è cresciuta, si sta espandendo, ha intrecciato legami con poteri forti, gode di protezioni e adesso non è solo un problema calabrese, ma sta per diventare una questione nazionale.
In quello stesso anno gli viene affidato l'incarico di presidente dell'Ama - Azienda municipale degli autobus - di Reggio Calabria e subito dopo viene chiamato a presiedere il Comitato Regionale di controllo - CoReCo - organo poi soppresso nel 2001, cui erano affidate funzioni di controllo sugli atti degli enti locali infra-regionali. Non lo considererà  una forma di risarcimento per la mancata candidatura, ma un'ulteriore impegno e in effetti affronta questa nuova attività  con la dedizione di sempre. La morte lo coglie a causa di un infarto mentre è in macchina, in autostrada, al rientro da una impegnativa seduta del Comitato, nel corso della quale non ha fatto mancare «il suo apporto… per l'elaborazione di un provvedimento particolarmente importante sul quale era stata richiamata la sua attenzione », come afferma il Commissario di Governo della Regione Calabria nella commemorazione tenuta il 24 settembre 1986. Polistena lo ricorda con una piazza a suo nome. (Antonio Orlando) © ICSAIC 2020

Nota bibliografica

  • Vincenzo Fusco, Polistena. Storia sociale e politica (1221 - 1979), Edizioni Parallelo 38, Reggio Calabria 1981;
  • Mario Tornatora visse con impegno e serietà , «Calabria », XIV, n.s, 17-18, 1986;
  • Santo Rullo, Scido. Cammino di una comunità  dal medioevo ad oggi, Gangemi Editore, Reggio Calabria 1993;
  • Marcello Villari, Il riscatto. Girolamo Tripodi bracciante e sindacalista, parlamentare e sindaco, Rubettino, Soveria Mannelli 2007;
  • Pasqualino Tornatora, Il dovere della memoria… in ricordo di Mario Tornatora, Nuove Edizioni Barbaro, Delianova 2011;
  • Giuseppe Lavorato. Rosarno. Conflitti sociali e lotte politiche. In un crocevia di popoli, sofferenze e speranze, Città  del sole, Reggio Calabria 2016.

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