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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Falcone, Giovan Battista

Giovan Battista Falcone [Acri (Cosenza), 23 ottobre 1834 – Sanza (Salerno), 2 luglio 1857]

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Nacque da Angelo e Mariantonia Giannone, famiglia patrizia acrese, quinto di nove fratelli, nell’antico palazzo nobiliare Sanseverino-Falcone. Giovane patriota, rivoluzionario e attivo cospiratore antiborbonico. Fu protagonista e ideatore della sfortunata e tragica spedizione di Sapri, di cui fu segretario e triunviro insieme con Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera. Fu trucidato a Sanza (Salerno) dalla popolazione locale aizzata dai filo-borbonici. Il corpo fu subito bruciato e non fu più trovato. Non aveva ancora compiuto 23 anni.

Fece i primi studi sotto la guida degli zii materni Pietro e Biagio Giannone. A dodici anni fu inviato, insieme col fratello Francesco, di due anni più piccolo, a proseguire gli studi nel collegio italo-albanese di sant’Adriano a San Demetrio Corone. Qui, oltre all’amore per le lettere, s’inculcavano ai ragazzi sentimenti di italianità. Secondo lo storico Domenico Cassiano, gli allievi erano educati «da ottimi maestri, laici ed ecclesiastici, che si richiamavano alla tradizione culturale dell’illuminismo napoletano, riformatore e progressista e di un cattolicesimo liberale ante litteram». Era, comunque, intenzione della famiglia farne un prete. Si voleva così “rinnovare” nel ministero e nel nome, lo zio paterno, Angelo d’Acri, al secolo Lucantonio Falcone, presbitero dell’Ordine dei frati minori cappuccini che fu beatificato da papa Leone XII il 9 dicembre 1825 e canonizzato da papa Francesco il 15 ottobre 2017. Antonio Argondizza, arciprete della limitrofa comunità arbëreshė di San Giorgio, scrive che «i familiari sin dalle fasce l’onoravano dei titoli di Abatino e Monsignorino1. Il 1848 fu trasferito nel seminario della vicina Bisignano.

 In quell’anno anche in Calabria esplosero i moti insurrezionali. Quel clima di protesta contro i regimi assolutisti coinvolse pure i seminaristi della sperduta Bisignano. Il giovane Falcone si fece sorprendere, nel refettorio, a sventolare un tricolore e inveire contro i tiranni. Fu espulso con un provvedimento d’urgenza. L’episodio fece emergere il carattere ardente, tenace e impulsivo di Giovan Battista Falcone. Dopo l’espulsione dal seminario di Bisignano, tornò ad Acri per un breve periodo. La famiglia, intenzionata a farne «per lo meno un vescovo», lo mando a Napoli, vestito da chierico, nel collegio di San Carlo all’Arena, retto dai frati Scolopi. Anche qui, dove si respirava un clima borbonico, fu espulso quando di notte fu sorpreso a leggere le vietate poesie di Giovanni Berchet. Ritornò ad Acri e nel 1856, per lenire il dolore causatogli dalla prematura scomparsa, a 22 anni, della sorella Mariannina cui era legatissimo, si trasferì a Napoli.

Nella capitale del regno, centro di cultura e di cospirazione, Giovan Battista Falcone raggiunse il fratello Francesco, già studente di giurisprudenza, ospite dei fratelli acresi Francesco e Vincenzo Sprovieri e approfondì le idee risorgimentali e patriottiche verso le quali si sentiva fortemente attratto. Così la sua abitazione divenne ben presto luogo di incontro di cospiratori calabresi e napoletani. In casa di Falcone, al sesto piano di un palazzo in via Forno Vecchio, si riunivano giovani patrioti che facevano capo a Giuseppe Fanelli, responsabile del locale comitato segreto mazziniano. Tra loro anche Agesilao Milano, l’attentatore di Federico II, si stilavano i proclami che di notte si affiggevano sui muri di Napoli.

All’indomani dell’attentato al re, Falcone, del quale non erano sfuggiti alla polizia borbonica i rapporti col Milano, era ricercato insieme all’amico Antonio Nociti, di Spezzano Albanese. I due, grazie all’interessamento di donna Rosalia Cianciulli, moglie di Ferdinando Mascilli, il padre dei patrioti e dei cospiratori napoletani, furono imbarcati sulla corvettainglese Surprise che portava da Malta la corrispondenza politica. Riuscita vana la ricerca di Giovan Battista, la polizia arrestò il padre Angelo, sperando che così avesse indicato il nascondiglio del figlio. Ma la famiglia, in realtà, non ne aveva notizie e non ne ebbe, finché da Malta non giunse una lettera di Falcone allo zio materno Biagio Giannone.

A Malta, dove si erano rifugiati numerosi cospiratori e patrioti, conobbe il patriota modenese Nicola Fabrizi, animatore del Centro operativo nazionalista, capo della Legione Italica che ne 1844 sconsigliò i fratelli Emilio e Attilio Bandiera dall’intraprendere l’impresa conclusasi tragicamente con la loro fucilazione, insieme con altri sette patrioti, nel Vallone di Rovito, presso Cosenza. Falcone strinse forte amicizia con Fabrizi e ne divenne il suo uomo di fiducia, tanto da confidargli del progetto di una spedizione insurrezionale nel Regno delle Due Sicilie che Giuseppe Mazzini, insieme con i suoi più stretti collaboratori, in primo luogo Carlo Pisacane, stava preparando. Ma Fabrizi non era d’accordo. Riteneva che i tempi non erano ancora maturi e ne consigliava un rinvio.

Fu proprio con l’incarico di dissuadere Mazzini e gli altri dall’attuare l’impresa rivoluzionaria, che da Malta, Falcone fu inviato a Genova. Qui ci fu una riunione con Mazzini, Pisacane, Nicotera e altri cospiratori Si discusse delle perplessità legate all’impresa. Falcone espose le ragioni della sua presenza e riferì quanto Fabrizi gli aveva incaricato di dire. La discussione si protrasse a lungo. Ma Pisacane e Mazzini erano convinti della necessità dell’azione, anche perché, il comitato segreto di Napoli, dissero, assicurava loro masse armate di popolazioni, pronte ad insorgere.

Falcone fu ben presto coinvolto dal contagioso attivismo di Mazzini e dalla determinazione di Pisacane e disse di essere anche lui pronto all’impresa, in qualsiasi momento. Fu così che il fondatore della Giovine Italia, rivolgendosi agli altri patrioti esclamò: «Se avessi la gioventù italiana come costui, l’Italia sarebbe fatta!». Il giovane Giovan Battista prese parte alla spedizione con il nome di battaglia di Giuseppe Capatti, con il grado di maggiore. Gli furono conferiti anche due incarichi delicati e di assoluta fiducia: segretario di Pisacane e depositario di tutti i documenti segreti, compreso il cifrario.

 Il 25 giugno 1857, Pisacane, Falcone, Nicotera e altri 22 coraggiosi patrioti s’imbarcarono a Genova sul piroscafo di linea “Cagliari”, della società Rubattino, diretto a Tunisi. Impossessatisi della nave durante il viaggio, gli insorti fecero tappa a Ponza dove liberarono oltre 300 detenuti. Falcone si distinse nell’assalto al carcere ma restò perplesso al momento della liberazione anche di molti detenuti comuni e non politici. L’impresa, a suo parere, non ne avrebbe tratto alcun vantaggio. Effettuato lo sbarco a Sapri e constatata l’assenza del sostegno armato della popolazione, così come promesso dal Comitato napoletano, si trovò ancora una volta in disaccordo con Pisacane rispetto alla direzione da intraprendere: per Falcone, bisognava deviare verso la Calabria ed evitare la penetrazione nella zona del Cilento. Era l’unico modo, a suo parere, per sottrarsi a una sorte atroce. Non fu ascoltato. Il 2 luglio 1857, dopo lo scontro del giorno prima a Padula, gli uomini di Pisacane, avvistati nel Vallone del Diavolo presso Sanza, furono massacrati dalle guardie urbane aiutate dai forconi del popolo inferocito. Giovan Battista Falcone cadde, insieme con Pisacane, colpito da una fucilata e il corpo, subito bruciato, non fu più trovato. Non aveva ancora compiuto 23 anni.

Sia per Falcone sia per Pisacane sorsero presto voci, infondate, che si sarebbero tolta la vita. Come altrettanto infondate risultarono le voci che a Sanza, Falcone fosse riuscito a mettersi in salvo. Fu anche ricercato in modo massiccio a Napoli, in Calabria e nel suo paese d’origine. Qui, addirittura, le autorità comunali, ritenendolo vivo, lo iscrissero, nel febbraio del 1858, a sette mesi dall’eccidio del Cilento, nelle liste di leva. Due anni dopo, sembra una beffa del destino, quando a Cosenza, nonostante Garibaldi fosse sbarcato in Calabria, vi era ancora l’intendente borbonico, il padre di Giovan Battista, Angelo Falcone fu nominato sindaco di Acri, giurando “fedeltà e ubbidienza” al re Francesco II. Il suo mandato durò poco per l’evolversi degli eventi, Gli subentrò Vincenzo Sprovieri.

Nel 1888 la città di Acri dedicò a Giovan Battista Falcone una splendida statua, alta due metri e mezzo, in marmo bianco di Carrara. Il monumento fu opera dello scultore calabrese Giuseppe Scerbo di Polistena. Nel 1957, a cent’anni dalla Spedizione di Sapri, una lapide commemorativa fu scoperta nella sua casa natale. (Antonio Scura) © ICSAIC 2023 -12

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Nota bibliografica

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  • Giuseppe Abbruzzo, Giovan Battista Falcone, segretario della Spedizione di Sapri, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011;
  • Antonio Argondizza, Memoria su Raffaele Falcone e famiglia, tipografia de “Il Popolano”, Corigliano Calabro, 1908;
  • Domenico Antonio Cassiano, Democrazia e Socialismo nella comunità albanese di Calabria, Marco, Lungro 2004;
  • Raffaele De Cesare, La fine di un regno, Lapi, Città di Castello 1908;
  • Vincenzo De Leo, Un episodio dello sbarco di Carlo Pisacane in Ponza, tipografia di Giuseppe Carluccio, Napoli 1868;
  • Luigi Del Pozzo, Cronaca civile e militare del regno della Due Sicilie, Stamperia Reale, Napoli 1857;
  • Paolo Emilio Bilotti, La spedizione di Sapri da Genova a Sanza, Jovine, Salerno 1907;
  • Ippolito De Riso, Raccolta di memorie, lettere e altri scritti politici sulle Calabrie, Tip . del Pitagora, Catanzaro 1868;
  • Francesco Mango, Per Battista Falcone, in «L’Avanguardia», 1899;
  • Vincenzo Padula, Elogio funebre a Mariantonia Giannone, s.n., Napoli 1874;
  • Leo Pollini, La tragica spedizione di Sapri: 1857, A. Mondadori, Milano, 1935;
  • Domenico Romagnano, Fu lui che aprì la via: Pisacane, Di Giacomo, Salerno 1957;
  • Nicola Romano, Discorso biografico sul martire di Sapri: G. Falcone, Brenner, Cosenza 1863;
  • Francesco Spezzano, Il segretario di Pisacane: G.B. Falcone, martire del Risorgimento, in «Rinascita», 1957;
  • Vittorio Visalli, I calabresi nel Risorgimento italiano, G. Tarizzo e F, Torino 1893;
  • Gustavo Valente, I calabresi della spedizione di Sapri, s.n.,  Roma 1960;
  • Felice Venosta, Carlo Pisacane e compagni martiri a Sanza, C. Barbini, Milano 1863;
  • Giuseppe Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento, Feltrinelli, Milano 1962;
  • Giuseppe Mazziotti, Monografia del collegio italo-greco di Sant’Adriano, Roma 1908;
  • Domenico Antonio Cassiano, Risorgimento in Calabria, Marco, Lungro 2003.

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