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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Minasi, Rocco

Rocco Minasi [Scilla (Reggio di Calabria), 14 marzo 1910 – Roma, 7 luglio 1994]

Era il primogenito e unico figlio maschio di Raffaele, proprietario terriero, e di Rosa Bellantoni, casalinga, che ebbero anche due figlie. Tra i suoi antenati figurano l’illuminista don Antonio Minasi, domenicano, filosofo, teologo e naturalista del Settecento, Raffaele Piria, chimico e cattedratico vissuto nell’Ottocento, che fu anche eletto senatore dell’Italia unita nel 1862, e il canonico Giovanni Battista Antonio Minasi, storico, vissuto anch’egli nel XIX secolo.

Trascorse la sua infanzia a Scilla e per il suo percorso ginnasiale venne mandato a studiare presso il Collegio dei Salesiani “San Luigi” a Messina. Conseguita la maturità classica, frequentò l’università a Roma, ospite di uno zio, Ernesto Minasi, che viveva nella capitale ed era molto vicino al regime fascista, e che intese sostenerlo durante la temporanea mancanza del padre, laureandosi in Giurisprudenza.

La scelta di intraprendere studi giuridici venne in gran parte influenzata da un grave episodio, accaduto quando lui era ancora adolescente, che gli procurò turbamento e arrecò non pochi problemi di natura economica e morale alla propria famiglia, un caso di omicidio, una seria vicenda giudiziaria ai danni del padre ordita da mafiosi dell’area scillese, che in origine non venne supportata da adeguate indagini, e che si rivelò solo molto tempo dopo essere infondata.

Minasi, conseguita l’abilitazione alla professione forense dopo il periodo di tirocinio, esercitò dapprima a Roma, distinguendosi per una solida preparazione e una non comune oratoria, ma anche per l’indiscussa onestà intellettuale. Fu tra gli organizzatori e i protagonisti della Resistenza romana contro l’occupazione nazista e nel dopoguerra fu tra gli avvocati (tra i quali vi erano anche Umberto Terracini, Lelio Basso, Fausto Gullo, Giuliano Vassalli, Lucio Luzzato, Mario Gomez d’Ayala, Leonida Casali, Carlo Caldera, tutti legati all’area socialista e comunista) che, per il Comitato di Solidarietà Democratica, difesero in tutta Italia gli ex partigiani implicati in procedimenti penali.

Già negli anni della guerra e della Resistenza collaborò con il socialista Rodolfo Morandi, economista e partigiano anch’egli, stabilendo con lui un leale e profondo rapporto di amicizia, ispirandosi al suo pensiero, che era maturato negli anni delle frequentazioni di Carlo Rosselli, Pietro Nenni e ancor prima nel movimento Giustizia e Libertà.

Stabilì un legame intenso anche con Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, con i quali aveva avuto contatti durante la loro detenzione per motivi politici nel carcere di Regina Coeli a Roma e che poi conobbe di persona alcuni anni dopo la loro evasione, al termine della guerra.

Minasi fu attivo per dare vita in Calabria all’organizzazione del Partito Socialista, soprattutto nel Reggino, la cui importanza nel panorama politico di quell’area geografica fu molto marcata. Nel 1953 venne eletto alla Camera dei Deputati sotto il simbolo del Psi. Fu componente, nel corso di quella legislatura, della IX Commissione (Agricoltura e Alimentazione) e di quella speciale per l’esame dei Disegni di Legge sulle provvidenze straordinarie per le zone alluvionate della Calabria, e firmatario o co-firmatario di numerose proposte di legge, essenzialmente riferite alla tutela delle classi sociali disagiate, e con una significativa e intensa attività riferita a interrogazioni con risposta scritta e altri lavori assembleari.

Venne rieletto nel 1958, e la sua attività parlamentare in quella legislatura (la III) fu parimenti intensa e pressante. Divenne membro della II Commissione Interni e della V Commissione Bilancio e Partecipazioni Statali. Per la terza volta, nel 1963, conquistò un seggio a Palazzo Montecitorio per il Psi, ma nel gennaio del 1964 uscì dal partito e fondò, assieme a Tullio Vecchietti, Dario Valori, Giuliano Amato e Vittorio Foa il Psiup (Partito socialista italiano di unità proletaria), riposizionandosi su posizioni più a sinistra e legate all’azione politica che aveva sempre perseguito e per la quale aveva sempre concretamente lottato.

Anche nella successiva rielezione alla Camera, sotto il simbolo del Psiup, Minasi fu molto attivo nei lavori parlamentari e delle Commissioni, ma si iscrisse al Gruppo Misto a causa di attriti con il suo partito in relazione ad alcune decise prese di posizione in occasione della sommossa popolare del 1970 a Reggio Calabria (città della quale era anche consigliere comunale) contro la decisione di collocare il capoluogo della Regione a Catanzaro.

Fermo nei suoi principi, si era ribellato in quella circostanza all’uso della forza militare nei confronti della popolazione, ascrivendo ai vertici del suo partito la responsabilità di non aver preso alcuna posizione contro la decisione del governo di inviare l’esercito per sedare la rivolta in un periodo molto “caldo” sotto il profilo degli equilibri politici e sociali. Questa sua decisione, condivisa anche dall’intellettuale reggina Adele Cambria, venne erroneamente interpretata come una difesa dei rivoltosi di Reggio Calabria, che furono fomentati dagli esponenti locali del Movimento Sociale Italiano, ma il principio al quale si era ispirato Minasi era quello della non prevaricazione militare in un Paese democratico, nel rispetto dei principi costituzionali.

Dal portale storico della Camera dei Deputati si ricava che Minasi, nelle quattro legislature, fu molto attivo e propositivo, risultando in 304 interventi e 107 progetti di legge riferiti alle problematiche di tutela e sostegno soprattutto ai coltivatori diretti e ad altre categorie non protette o meno protette, per il riconoscimento di diritti e di agevolazioni aventi risvolti sociali, fiscali e normativi, come la rivisitazione dei contratti agrari, e fu parte attiva in tutte le iniziative avviate per gli interventi di sviluppo nel Mezzogiorno e per le linee-guida riferite alla ripresa economica nazionale e del sud in particolare. Uomo di popolo ma di eccelsa cultura, Minasi ha sempre sposato le cause degli ultimi, anche nell’esercizio della professione di avvocato, non pretendendo mai onorari da coloro che avevano difficoltà economiche.

Tra le varie iniziative per sancire i diritti dei lavoratori, sia in ambito parlamentare che professionale, quella in difesa delle “gelsominaie” dell’area jonica del reggino. Le lavoratrici, maggiorenni e minorenni, spesso rimaste in Calabria dopo l’emigrazione dei capi famiglia, sfruttate per pochissime lire e costrette a lavorare di notte per la raccolta dei fiori di gelsomino destinati all’industria profumiera in Italia e all’estero, si erano rese protagoniste di battaglie sindacali e le loro rivendicazioni, sostenute da Minasi, riuscirono nell’intento di ottenere un sensibile miglioramento economico e un inquadramento-riconoscimento di ordine normativo. La stessa moglie di Minasi, Alba Florio, poetessa e scrittrice (anch’essa di Scilla, sposata a Messina il 18 dicembre del 1945 e dalla cui unione non nacquero figli), si era unita alle lavoratrici, sensibilizzando l’opinione pubblica e la solidarietà femminile anche attraverso la stampa sulla peculiarità delle loro condizioni di vita e di lavoro, ancorché comuni a quelle di molte altre categorie. 

Minasi, al pari di altri parlamentari socialisti calabresi (tra i quali Giacomo Mancini, Francesco Principe, Sisinio Zito, Antonio Mundo, Cesare Marini), ricoprì anche la carica di sindaco. Fu il primo cittadino di Scilla per sei anni dal 1964, ma già nel 1952 era stato eletto consigliere di minoranza. Divenne artefice dello sviluppo e della modernizzazione della cittadina, con una gestione oculata e lineare in armonia con le altre forze di maggioranza, realizzando un cambiamento importante del luogo, attraverso opere pubbliche e un orientamento all’efficienza e alla modernizzazione.

Dalla presa di posizione sui moti di Reggio Calabria del 1970, però, Minasi decise che era tempo di chiudere con la politica e, rientrato definitivamente in Calabria dopo aver fatto la spola con la capitale per decenni, continuò a esercitare la professione.

Morì a Roma nel 1994 all’età di 81 anni. Le spoglie vennero poi trasportate a Scilla, nel cui cimitero riposa. La cittadina dell’area dello Stretto ha intitolato una via a suo nome.

Minasi è stato un custode dei valori del socialismo, da lui stesso praticati in ogni frangente della sua esistenza. Viene ricordato per la sua tenacia, per la sua coerenza e per il suo pragmatismo, come una delle personalità più significative della politica calabrese che ha sempre cercato soluzioni nell’interesse delle popolazioni rappresentate. (Letterio Licordari) © ICSAIC 2023–05

Nota bibliografica

  • Giovanni Cervigni (con Giuseppe Galasso), Inchiesta nel Psi delle provincie meridionali, in «Nord e Sud», marzo 1956;
  • Gaetano Cingari, Storia delle città italiane, Laterza, Roma-Bari 1988;
  • Vincenzo Paladino, Sempre all’opposizione: ricordo di Rocco Minasi, in «Gazzetta del Sud», 21 luglio 1994;
  • Fulvio Mazza (a cura di), Scilla, storia cultura economia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002;
  • Michela Ponzani, I processi ai partigiani nell’Italia repubblicana. L’attività di Solidarietà Democratica (1945-1959), in «Italia Contemporanea», , n. 237, 2004, pp. 611-632;
  • Gianluigi Briguglio (con Nicola Caroli, Simeone Del Prete, Greta Fedele), Il diritto militante. La difesa militante nell’Emilia del dopoguerra: il caso dell’avvocato Leonida Casali, in «Diacronie», 20, 4, 2014.
  • Portale Camera dei Deputati (www.storia.camera.it).

Ringraziamenti

  • L’A. ringrazia il dott. Umberto Florio, nipote del biografato, per le notizie fornite e per il materiale messo a disposizione.

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