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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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De Seta, Enrico

Enrico De Seta [Belvedere Marittimo (Cosenza) 17 agosto 1841 – Catanzaro, 7 aprile 1929]

Allo Stato civile fu registrato con i nomi di Enrico, Carlo, Diego, Francesco. Nacque da Giuseppe, magistrato e rivoluzionario calabrese nei Moti del 1848, e dalla gentildonna Carmela De Caro domiciliati nella contrada Granata di Belvedere Marittimo. Fratello del prefetto, deputato e senatore del Regno d’Italia Francesco, nonché di Carlo, Eugenio, Costanza, Concettina e Mariannina. Conseguiti gli studi liceali, si iscrisse all’università e conseguì il privilegium della laurea dottorale in legge. Ben presto si affermò come rinomato e stimato avvocato del foro catanzarese.
La sua carriera politica iniziò in occasione delle elezioni del 23 maggio 1886, dove fu sollecitato dai dirigenti della Sinistra storica ad avanzare la propria candidatura nel collegio di Cosenza I. Sostenitore di un programma elettorale dal carattere antitrasformista, con 2.642 preferenze fu il terzo non eletto nella circoscrizione cosentina. Nonostante la sconfitta subita, nelle elezioni suppletive alla XVI legislatura del 2 marzo 1890 avanzò nuovamente la propria candidatura nel collegio di Catanzaro I e con 6.802 consensi fu eletto deputato. La sua nomina avvenne nella medesima circoscrizione in cui il fratello Francesco era stato deputato per la Sinistra storica nella XV e XVI legislatura del Regno.
Il 26 maggio 1890 intervenne nella discussione sul bilancio della Pubblica istruzione, dove polemizzò con le tesi del ministro dell’Istruzione Paolo Boselli secondo cui nella storia unitaria erano stati raggiunti scarsi risultati nel settore dell’istruzione e che fosse ormai difficile porvi rimedio. Contrariamente all’atteggiamento ministeriale, sostenne che non fosse mai troppo tardi per fornire un nuovo impulso all’alfabetizzazione degli italiani e per superare le deficienze del passato.
Fu un’esperienza politica breve, poiché nell’autunno dello stesso anno gli elettori furono richiamati alle urne. Ricandidatosi nelle elezioni politiche nazionali del 23 novembre 1890 nel collegio di catanzarese con 7.901 voti fu il secondo eletto; fu preceduto dal crotonese Alfonso Lucifero con 9.044 preferenze, seguito dai catanzaresi Bernardino Grimaldi e Bruno Chimirri rispettivamente con 7.889 e 7.423 consensi. Il 18 giugno 1891 intervenne sul disegno di legge che autorizzava «il Governo del Re a vendere a trattative private ai comuni, alle provincie ed altri corpi morali i beni demaniali non necessari pei servizi governativi», poi legge 2 luglio 1891, n. 379, che modificò la normativa sull’alienazione dei beni demaniali e sostenne senza successo l’incremento del prezzo di vendita dei piccoli lotti di terra da 1.000 a 2.000 lire. 
Il 10 ottobre 1892 con Regio decreto fu designato senatore per la 21a categoria – nomina per requisiti di censo – e il 23 novembre prestò, ancora prima della convalida ufficiale, giuramento nella seduta di inaugurazione della sessione parlamentare. Il 20 maggio 1893 la commissione verifica titoli annullò, per un vizio di forma riscontrato nel decreto, la carica attribuitagli. 
Nelle elezioni politiche generali del 6 novembre 1892 non avanzò la propria candidatura. Si ricandidò poi alle elezioni del 26 maggio del 1895 nel collegio di Paola ma con 783 preferenze non riuscì a essere eletto.
Ritornò nuovamente in campo nelle elezioni del 21 marzo 1897 ricandidandosi nel collegio di Catanzaro: con solo 54 preferenze subì una clamorosa sconfitta. Con l’insuccesso elettorale si allontanò ancora una volta dalla vita politica nazionale e il 3 giugno 1900 non partecipò alle elezioni. 
Nel 1902 fu designato alla carica di sindaco di Catanzaro e fu il principale antagonista di Giovanni Jannoni che gli subentrò nel 1905 alla guida dell’amministrazione comunale.
L’ultimo tentativo di ritornare a Montecitorio avvenne in occasione delle elezioni del 6 novembre 1904, quando si candidò nel collegio di Paola e con 912 preferenze fu sconfitto dal candidato uscente Luigi De Seta che conquistò 1.385 voti. Di quella competizione elettorale restano due tipici manifesti lanciati agli elettori di Fuscaldo, piccolo paese sulla costa tirrenica cosentina e importante comune del collegio paolano per entrambi i candidati. A sostegno della candidatura di Enrico De Seta si leggeva: «I fuscaldesi, compatti, voteranno il nome di Enrico De Seta […]. I fuscaldesi, nella persona di Enrico De Seta, guardano il suo compagno dei trastulli dell’infanzia, del banco della scuola, l’amico cui non si è ricorso invano, colui che nella lunga vita pubblica e nel foro ha portato tutta la potenza del suo ingegno e l’immensa tenacia dei suoi propositi di bene […]. Fuscaldo ispirerà il suo voto non al calcolo dei privati e loschi interessi, ma al palpito del suo cuore […]. Viva Fuscaldo».
Il 16 febbraio 1905 con 39 voti favorevoli su 42 fu eletto presidente del consiglio provinciale di Catanzaro, riconfermato poi il 27 ottobre con 25 consensi su 42. Fu nuovamente rieletto alla presidenza provinciale catanzarese il 27 ottobre 1906 con 25 suffragi su 38 e in seguito il 28 ottobre 1907 con 27 voti su 29; incarico che esercitò sino al 1914.
Nel febbraio 1910, in seguito alle dimissioni di Giovanni Jannoni, fu rieletto sindaco di Catanzaro, carica che mantenne sino al 1914 quando fu sconfitto per la seconda volta dall’avversario politico Jannoni.
Il 3 giugno 1908 con un nuovo decreto reale fu nominato senatore per 16a categoria, relativa ai membri dei Consigli di divisione dopo tre elezioni alla loro presidenza. La sua candidatura fu avanzata dal prefetto di Catanzaro il 26 febbraio 1889. Il relatore della proclamazione fu Niccolò Melodia, convalidata poi il 23 giugno: nello stesso giorno prestò anche giuramento in aula.
In Senato aderì dapprima al gruppo liberale democratico e poi all’Unione democratica. Fu relatore di alcuni disegni di legge: «Sui provvedimenti per la Basilicata e la Calabria», poi legge 9 luglio 1908, n. 445; su quello «che stabilisce ispezioni didattiche e disciplinari per le scuole medie», poi legge 27 giugno 1909, n. 414; «Concessione delle ferrovie di Basilicata e Calabria all'industria privata», poi legge 21 luglio 1910, n. 580. Intervenne attivamente nella discussione dei disegni di legge: «Provvedimenti a favore dei Comuni colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908», poi legge 13 luglio 1910, n. 466 e quello «Concernente la concessione e costruzione di ferrovie», poi legge 12 luglio 1908, n. 444.
Dal 1911 sino al 1924 fu presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro e al termine dell’incarico fu designato presidente onorario. Fu anche presidente della Commissione provinciale d’appello per le imposte dirette.
Nel 1917 fu per la terza e ultima volta fu eletto sindaco di Catanzaro, incarico che esercitò sino allo scioglimento prefettizio nel 1919 quando l’amministrazione comunale fu guidata dall’ex deputato radicale e massone Ignazio La Russa. Le motivazioni della decisione furono individuate nelle difficoltà a gestire le problematiche dell’immediato primo dopoguerra. Nelle amministrative del 1920 fu battuto nuovamente dal suo avversario Giovanni Jannoni. Dal punto di vista municipale la guida politica della città di Catanzaro fu nei primi anni del Novecento monopolio di queste due figure politiche, realizzando una vera e propria alternanza nel governo locale. 
Con l’avvento e il progressivo consolidamento del Fascismo assunse una posizione accondiscendente nei confronti del regime, come testimoniato da «Il Popolo di Calabria» che ne rimarcò l’attività di senatore fascista.
Nella sua vita ricevette diverse onorificenze, il 16 settembre 1887 fu nominato Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, il 15 marzo 1888 Ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e l’11 dicembre 1888 Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Il 29 luglio 1912 fu poi designato Grande ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia e in seguito Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia.
Morì all’età di 88 anni.
La salma fu esposta nel salone di palazzo Santa Chiara, sede del Municipio,trasformata per l’occasione in camera ardente. La notizia della sua scomparsa fu riportata dal «Corriere della Sera» e da «Il Popolo di Calabria». Il primo rilevò la sua opera di riassestamento del bilancio della città di Catanzaro, l’attività imparziale e laboriosa in seno al Consiglio provinciale. Il secondo rimarcò il suo forte ingegno, l’attività forense, di presidente provinciale e di senatore del regime fascista. Il 29 aprile 1929 fu commemorato al Senato del Regno da Niccolò Melodia come uomo di notevoli qualità intellettuali, acuto avvocato di larga fama nell’agone forense, deputato attivo e oratore efficace. Per il relatore, fu una figura amatissima nella sua regione che contribuì anche con entusiasmo alla via pubblica locale. (Prospero Francesco Mazza© ICSAIC 2023 - 02

Nota archivistica

  • Archivio storico del comune di Belvedere Marittimo, Registro delle nascite, atto n. 121, p. I, serie 1841;
  • Archivio storico della Camera dei deputati, Enrico De Seta, (1890-1892);
  • Archivio storico del Senato, Fascicolo personale Enrico De Seta (1892-1929).

Nota bibliografica

  • Il senatore Enrico De Seta, in «Corriere della Sera», 9 aprile 1929;
  • La morte del Sen. Enrico De Seta, in «Il Popolo di Calabria», 9-10 aprile 1929;
  • Senato del Regno, Atti parlamentari, XVIII legislatura, discussioni, 29 aprile 1929;
  • Jole Lattari Giugni, I parlamentari della Calabria: dal 1861 al 1967, Morara, Roma 1967, pp. 264-265
  • Francesco Spezzano, La lotta politica in Calabria: (1861-1925), Lacaita, Manduria 1968;
  • Enzo Zimatore, Catanzaro: vicoli e strade, piazze e contrade, Carello, Catanzaro 1988, pp. 71-72;
  • Fulvio Mazza (a cura di), Catanzaro: storia, cultura, economa, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994, ad indicem.

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