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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Argondizza Antonio

Antonio Argondizza [S. Giorgio Albanese (Cosenza), 26 marzo 1839 – 6 marzo 1918]

Arciprete di rito greco bizantino, scrittore e poeta, nacque da Francesco e Innocenza Vangieri che gli diedero i nomi di Antonio Andrea. Compì i suoi studi nel collegio italo-albanese di Sant’Adriano a San Demetrio Corone dove entrò all’età di 11 anni e già tre anni dopo compose le sue prime poesia in lingua albanese.  Nel 1864 fu ordinato sacerdote e dopo appena quattro anni d’insegnamento, venne nominato economo curato e successivamente, nel 1892, arciprete di San Giorgio dove morì dopo cinquant’anni di apostolato.

Spinto dal suo carattere inquieto e dallo spirito avventuroso, Antonio Argondizza viaggiò molto in Italia, in Europa (Francia, Spagna, Portogallo) e nell’America del Nord dove, a New York, fondò nel 1890 il giornale L’emigrante italiano con cui, tra l’altro, volle fare opera educativa, mettendo in guardia i suoi conterranei che, per imitare gli americani, sperperavano i loro guadagni. Nel 1902 si recò in Epiro, in Albania e in Montenegro dove il re gli conferì l’onorificenza di cavaliere ufficiale dell’Ordine di Danilo I. Fu membro del Consiglio Albanese d’Italia di cui era presidente Ricciotti Garibaldi, figlio dell’eroe dei due mondi. Fu un protagonista del primo congresso italo-albanese tenutosi nel 1895 a Corigliano Calabro (Cosenza) presieduto da Girolamo De Rada e da cui nacque poi la Società Nazionale Albanese e dove ebbe l’incarico di dirigere la rivista bilingue Ylli i Arbëreshvet (La stella degli italo-albanesi) che per difficoltà economiche durò soltanto nove mesi: dall’agosto del 1896 all’aprile 1897. In essa sono state pubblicate, tra le altre, alcune sue poesie molto apprezzate: L’orfanella (Pa ëm), ispirata a un pietoso caso di vita vissuta; La barba (Mjekra), di sottile umorismo e L’uncinetto (Kirsheu), in polemica con Vincenzo Padula, sacerdote e patriota di Acri che aveva scritto Il telaio.

Nell’archivio del pronipote, Giulio Baffa, a San Demetrio Corone è custodito un vero e proprio trattato sulla caccia e sulla pesca lungo il fiume Crati, scritto da Argondizza tutto in versi. Così come con la Storia della famiglia Falcone, di Acri, dimostra le sue doti di storico, con Volere e potere appare pensatore e filosofo.  

Inquieto e contestatore, l’arciprete Argondizza assunse la posizione di ribelle in molte circostanze pubbliche e in diversi momenti di vita associativa degli italo-albanesi di Calabria. Insofferente all’arroganza del potere, spesso attaccava uomini e istituzioni dell’epoca. Così quando un signorotto di San Giorgio si permise di entrate in chiesa tenendosi il cappello in testa e fumando la pipa, lui sospese la celebrazione della messa e lo cacciò a malo modo dal luogo sacro. Questo suo gesto provoco una "vendetta trasversale", si direbbe oggi, con l’uccisione a fucilate del padre agricoltore mentre lavorava nei campi.

Collaborò con varie riviste, periodici e giornali del suo tempo. Fu amico e collaboratore dell’etnologo Angelo De Gubernatis, degli storici Pasquale Villari e Cesare Cantù, del linguista Giuseppe Schirò, del giornalista Anselmo Lorecchio.

Fine conoscitore della lingua arbëreshe, Argondizza compose diverse liriche, una delle quali fu inclusa da Girolamo De Rada nella sua Antologia. Nel decennio dal 1860 al 1870, durante il suo apostolato, fu impegnato, in particolare, nella pastorale per i bambini. Scrive, infatti, moltissimi panegirici per le festività religiose che vengono pronunciati in diverse comunità italo-albanesi della provincia di Cosenza.

I suoi lavori in lingua italiana sono numerosi e si riferiscono ad argomenti diversi, perché molteplici e differenti furono le sue esperienze. La sua naturale irrequietezza lo portava, però, alla fretta e alla improvvisazione precudendogli, così, la composizione di un’opera di largo respiro. Interessanti le definizioni che danno di Argondizza, Kolë Kamsi, docente di lingua albanese a Scutari, e lo storico Giovanni Laviola.

Scrive Kamsi: «Penetrare nello spirito di un poeta e coglierne con una certa fondatezza le caratteristiche peculiari, vuol dire innanzitutto inquadrarlo nel periodo storico-culturale in cui è vissuto e considerare la sua evoluzione spirituale in rapporto agli avvenimenti più salienti della sua epoca. Ogni poeta e scrittore e figlio del suo tempo e della sua terra e tutto quello che ha avuto il benché minimo contatto, diretto o apparentemente inavvertibile, con la sua esperienza, contribuisce a determinare la personalità e a rivelare le sue naturali inclinazioni».

A giudizio di Laviola, invece, «chi si accinge allo studio di Antonio Argondizza non può prescindere da due considerazioni fondamentali: visse a lungo nel secolo XIX e l’inizio del XX e si inserì nel movimento letterario e politico italo-albanese del tempo con la spontaneità della sua vena poetica, la forza del suo temperamento polemico e l’inquietudine del suo spirito contestatore».

Nell’introduzione al volume di Poesie varie, dal titolo «Avviso a chi legge»,  datata San Giorgio Albanese 1 novembre 1869, scrive quello che si può definire un vero e proprio testamento morale e spirituale: «Nel raccogliere tutti i miei scritti in un libretto unico, ho avuto lo scopo di lasciare una memoria di me ai miei successori; e siccome sono cose destinate a non uscire di casa così ho creduto di fare cosa gradita ai miei trascrivendo anche i  componimenti della mia più tenera giovinezza, nei quali non v’ha altro di pregevole se non i lodevoli conati di un fanciullo che vuole prodursi ad ogni costo. I miei discendenti se parrà loro che io abbia fatto troppo poco faccian di più, ma sappiano però che la nobiltà della nostra famiglia incomincia da me, essendo io il primo soprabito (arciprete n.d.a.) di essa, e fò voti che non abbia con meco a terminare. O voi che dopo di me occuperete il mio studio e la mia eredità, onorate il nostro casato, e la scintilla ch’io sento di aver accesa, produca un vulcano in qualcuno dei miei discendenti!».

Si spense all’età di 79 anni.  (Antonio Scura) © ICSAIC 2023 – 09

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Opere

  • Poesie varie, Tip. Strada Speranzella, Napoli 1865;
  • Credenze e usanze popolari albanesi e calabresi, Rivista delle tradizioni popolari italiane, Roma 1894;
  • Collegio italo-greco di Sant’Adriano, Tipografia del Popolano, Corigliano Calabro 1884;
  • L’emigrante italiano, New York 1890;
  • Volere e potere, Tipografia del Popolano, Corigliano Calabro 1897; Rist. a cura di G.V. Sammarra, Cosenza 1994;
  • San Cosmo e San Damiano ed i nostri tempi, Tipografia del Popolano, Corigliano Calabro 1897;
  • Il viaggio di don Casciano o il Socialismo svelato, Tipografia del Popolano, Corigliano Calabro 1896;
  • Saggio di costumi americani, Tipografia del Popolano, Corigliano Calabro 1894;
  • Nella nascita della principessa Iolanda Margherita di Savoia, Corigliano Calabro 1901;
  • Memoria sul Comm. Raffaele Falcone e famiglia, Tip. del Popolano, Corigliano Calabro 1908;
  • La massoneide. Poemetto inedito (a cura di Giovanni Laviola), s. l. , s. n., 19..?
  • Ylli i Arbëreshvet, La Stella degli Albanesi, Rivista Italo-Albanese (1896-1897).

Nota bibliografica

  • Vito Galati, Gli scrittori della Calabria, Vallecchi, Firenze, 1928;
  • Mario Mandalari, Biblioteca storico-topografica delle Calabrie, La Sicilia, Messina 1928;
  • Kolë Kamsi, Manuale pratico della lingua albanese, Libreria internazionale, Zara 1930;
  • Giuseppe Schirò, I vivai di cultura e di letteratura in Italia, Nuova Accademia, Firenze 1959;
  • Ercole Lupinacci, Cantate albanesi di A. Arcondizza, in «Shejzat», n. 7-8, 1959, pp. 273-277;
  • Ernest Koliqi, Antologia della lirica albanese, Vanni Scheiwiller, Milano 1963;
  • Luigi Aliquò Lenzi, Filippo Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, vol.I, Tipografia editrice “Corriere di Reggio”, Reggio Calabria 1972, ad vocem, pp. 80-81;
  • Giovanni Laviola, Società, Comitati e Congressi italo-albanesi, Pellegrini, Cosenza 1973;
  • Giovanni Laviola, Il viaggio di D. Casciaro o il socialismo svelato di Antonio Argonidizza, in «Risveglio», XI, n. 1, 2, 3, 1974.
  • Antonio Bellusci, Catechesi in Arberesch di Antonio Argondizza, in «Lidhja»,II, 4, 1981, pp. 13-14;
  • Cosmo Laudone (a cura di), Le poesie albanesi di Antonio Argondizza, Nuove edizioni culturali italiane, Roma 1983;
  • Francesco Tigani Sava, Bibliografia calabrese, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1993;
  • Giovanni Laviola, La Massoneria di Antonio Argondizza, TNT Grafica, Spezzano Albanese 2000;
  • Giovanni Laviola, Dizionario bibliografico degli italo-albanesi, Brenner, Cosenza 2006.

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