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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  ISBN: 978-88-941045-8-5

  A cura di Pantaleone Sergi

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Cavallaro, Pasquale

Pasquale Cavallaro [Caulonia (Reggio Calabria), 21 aprile 1891 - Gerace (Reggio Calabria), 17 luglio 1973]

Nacque a San Nicola, frazione di Caulonia, da Francesco (massaro Ciccio) e da Carmela, una agiata famiglia di piccoli proprietari terrieri che lo voleva sacerdote. Studiò prima al seminario di Gerace, poi alle magistrali di Catanzaro. Dopo un soggiorno di due anni negli Stati Uniti dove andò clandestino ancora minorenne, nel 1914 conseguì da privatista il diploma di maestro elementare presso la Regia scuola normale «Lucrezia della Valle » di Cosenza e iniziò nel suo Comune di origine il mestiere di insegnante.  
Nel 1915 fu chiamato in guerra e assegnato, per sua esplicita richiesta, nelle retrovie, a Bari, salvo poi raggiungere volontario il fronte. Nel 1916, rientrato a casa per la licenza invernale, si ammalò e chiese al maresciallo del paese di poter prolungare il periodo del riposo. Non ottenuto quanto richiesto, si ribellò all'ingiustizia e si rese irreperibile. Rimase latitante fino alla fine del conflitto. Durante questo periodo strinse legami con la 'ndrangheta locale, da cui ebbe protezione e acquisì rispetto. Si convinse che molti degli aderenti a tale organizzazione avrebbero appoggiato e sostenuto una lotta contro il predominio baronale.
Dopo essere sfuggito numerose volte alla cattura, finita la guerra si costituì alla giustizia, beneficiò del decreto di amnistia per i disertori e fu rimesso in libertà . Riprese l'attività  di insegnante elementare. Si sposò con Maria Mammone ed ebbe sette figli: Libero, Ercole, Vera, Leone, Nicola, Ines e Alessandro.
In questo periodo si avvicinò al mondo della politica. Fondò una società  segreta, «La Mandraga », nata per mutuo soccorso e diventata antifascista. Aderì ad altra associazione antifascista, «Alta Luce ». Partecipò alla fondazione dell'Associazione la «Carboneria », di ispirazione liberal-democratica, insieme ai due fratelli Enzo e Bruno Misefari ed Enzo Morabito, con i quali diede vita al periodico «La Libertà  ». Fino al delitto Matteotti impegnò tutte le sue energie per combattere la costituzione e la crescita del partito fascista. Durante gli anni di regime, che lo escluse dall'insegnamento pubblico, fu perseguitato con attentati e provvedimenti giudiziari che indebolirono profondamente la sicurezza economica della sua famiglia.
Fu accusato di diversi delitti, da cui fu sempre assolto. Arrestato nel 1932, fu confinato fino al 1935, prima a Ustica e poi a Pantelleria. La sua posizione politica di rigido antifascismo, nel frattempo si era affievolita. In diverse occasioni pubbliche manifestò la sua ammirazione per Mussolini. Inoltre non diede luogo ad alcuna ulteriore osservazione da parte della questura che lo controllava.
Dal settembre del 1943, caduto il fascismo e liberata la Calabria, riprese la sua attività  politica. Si iscrisse al Pci e fu nominato segretario della sezione di Caulonia. Il 13 dicembre 1943 inaugurò la sede della Camera del lavoro, in un clima di grandi speranze sulla possibilità  di spezzare i rapporti semifeudali dominanti. In una società  dove nessuno aveva osato schierarsi contro i notabili, Cavallaro aveva rifiutato di servire la classe dominante e si era posto dalla parte delle masse contadine: sognò di poter veder nascere un mondo nuovo, senza più contraddizioni politiche, sociali e regionali, fondato sulla pace, sul rispetto della persona e sull' amore cristiano.
Secondo Cavallaro tale progetto sarebbe potuto partire da Caulonia e avrebbe potuto trovare l'appoggio di tutte le popolazioni liberate.
Il 4 gennaio 1944, nonostante 1'opposizione dei notabili locali, a furor di popolo riuscì ad essere nominato sindaco. Conobbe Togliatti, il  12 aprile 1944 a Napoli, durante il primo consiglio nazionale del Partito, a cui era stato inviato come rappresentante del Pci reggino. Cavallaro regalò a Togliatti una propria poesia, e lui, ricambiò dandogli un libro di Gramsci, con una propria dedica, Da allora, strinse un contatto personale con il segretario del Pci.
Nei primi mesi della sua amministrazione pose mano all'annosa questione demaniale. Invitò, senza successo il commissario agli usi civici, ad affrontare la questione. Scrisse al ministro dell'Agricoltura, il comunista e calabrese Fausto Gullo, perché sollecitasse la pratica. E contemporaneamente affidò a un proprio perito il compito di studiare il problema. Costituì, come stava avvenendo in altri comuni della provincia, una sede del «Movimento partigiani », affidandone il comando ai figli Ercole e Libero. Il movimento di Cavallaro, non fu sempre coerente con i principi professati. Nel partito furono accolti noti esponenti mafiosi, anche se dopo, la promessa di abbandonare le loro attività  delinquenziali.
Inoltre raccolse, segretamente, il materiale che sarebbe potuto servire nel caso dello scoppio di una rivoluzione per l'instaurazione di una società  nuova.
Il 5 marzo 1945 Ercole Cavallaro, figlio di Pasquale, fu arrestato, accusato ingiustamente di aver rubato oggetti di valore, durante una perquisizione in casa di due noti fascisti del paese. Cavallaro interpretò il gesto come un attacco contro la sua amministrazione. Colse l'occasione per mettere in atto un suo piano insurrezionale. Le masse popolari insorsero e Cavallaro tentò di mettere in atto la società  da lui sognata e di esportare fuori da Caulonia la rivoluzione.  
Fondò una Repubblica autonoma, nominò un Consiglio della Rivoluzione, un Commissario del Popolo (Nicola Frammartino), un Tribunale popolare presieduto dal figlio Libero appena tornato dalla Grecia dove era stato dato per disperso, e approntò una difesa del territorio. Furono fermati i carabinieri e i cosiddetti nemici del popolo che furono rinchiusi in un campo di concentramento.  Il pretore Francesco Cananzi fu sequestrato con la famiglia. Alla guida della rivolta erano Cavallaro e i suoi figli e alcune persone a lui vicine.
La cosiddetta «Repubblica di Caulonia » ebbe una vita assai breve (durò cinque giorni) e non risolse alcuno dei problemi sociali e politici aperti, eppure fu un gesto di grande significato storico.
Il prefetto di Reggio Antonio Priolo propose la liberazione di Ercole, l'impunità  per i rivoltosi, in cambio del rientro della rivolta. Il Pci appoggiò l'iniziativa e tramite Eugenio Musolino, segretario provinciale, consigliò Cavallaro di accettare l'offerta di Priolo. Inoltre era avvenuto un grave fatto di sangue, non previsto: l'omicidio di don Gennaro Amato, parroco della lontana frazione di Crochi. L'omicidio era stato commesso per rancori personali, confermerà  anche il rapporto dell'Arma. Cavallaro il 12 marzo si dimise ed Eugenio Musolino fu nominato commissario prefettizio.
Le forze dell'ordine non accettarono la soluzione di Priolo. Organizzarono un'operazione di rastrellamento. Il Pci, unico rappresentante della sinistra nel governo, si oppose, ma non in modo deciso. Il 10 aprile si scatenò nella zona di Caulonia, una feroce repressione, con impiego di armi pesanti e oltre mille uomini. Furono arrestate 365 persone che subirono torture inumane.
Pasquale Cavallaro si consegnò per primo. In carcere gli fu notificata anche l'accusa dell'omicidio di don Amato, per la quale peraltro fu ingiustamente condannato in primo grado a 10 anni che scontò interamente. Soltanto nel 1958, quando ormai era uscito dal carcere da alcuni anni, la Corte d'Appello di Catanzaro riconobbe, almeno parzialmente, la sua innocenza (assoluzione per insufficienza di prove). Le lunghe disavventure giudiziarie resero sempre più precarie le già  difficili condizioni della sua famiglia. I suoi figli, già  coinvolti nei fatti del 1945 (Libero, Ercole, Vera, Leone) emigrarono per cercare lavoro. Pasquale Cavallaro dopo essere uscito dal carcere seguì il sogno di realizzarsi come scrittore, ma non ebbe successo.
Si spense all'età  di 82 anni nell'ospedale geriatrico di Gerace, soffrendo fino all'ultimo perché convinto di essere stato tradito anche da chi in passato si era professato fedele amico.  (Simone Misiani)   ©  ICSAIC 2020

Nota bibliografica

  • Giuseppe De Stefano, La Repubblica di Caulonia, «Il Ponte », 9-10, 1950, p. 1250-53;
  • Franco Silvi, Una Repubblica alla sbarra, Setel, Catanzaro 1953;
  • Antonio Collaci, Le quattro giornate della Repubblica di Caulonia, Tipografia Panetta, Caulonia 1953;
  • Ilario Ammendolia e Nicola Frammartino, La repubblica rossa di Caulonia. Il Sud tra brigantaggio e rivoluzione, Casa del Libro, Reggio Calabria 1975;
  • Pasquino Crupi e Sharo Gambino, La Repubblica rossa di Caulonia: una rivoluzione tradita?, Casa del libro, Reggio Calabria 1977;
  • Sharo Gambino, In fitte schiere. La Repubblica di Caulonia, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1981;
  • Alessandro Cavallaro, La rivoluzione di Caulonia, Spirali, Milano 1987;
  • Simone Misiani, La repubblica di Caulonia, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994;
  • Giuseppe Mercuri, Cavallaro e la Repubblica di Caulonia, Ursini, Catanzaro 1996;
  • Armando Scuteri, La Repubblica di Caulonia tra omissioni, menzogne e contraddizioni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2016
  • Alessandro Cavallaro, Operazione "Armi ai partigiani". i segreti del Pci e la Repubblica di Caulonia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009;
  • Alessandro Cavallaro, Dalla svolta di Salerno alla Repubblica di Caulonia, Laruffa Editore, Reggio Calabria 2019.

Nota archivistica

  • Archivio Centrale della Stato, Casellario Politico Centrale, busta 1195, Pasquale Cavallaro.

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