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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Scopelliti, Antonino

Antonino Scopelliti [Campo Calabro (Reggio Calabria), 20 gennaio 1935 - Villa San Giovanni (Reggio Calabria), 9 agosto 1991]

(Fermo immagine TGR - Sicilia - 9 Ago 2019)

Figlio di Domenico, imprenditore agricolo, e di Anna Maria Greco, casalinga, è stato un magistrato apprezzato per le indiscusse capacità  professionali, la valenza di studioso del diritto, le qualità  umane e per l'impegno civile, per la sua riconosciuta incorruttibilità , che lo hanno portato a ricoprire gradi elevati e di rilievo nell'ambito dell'ordine giurisdizionale specifico.
Dopo aver frequentato lo storico liceo classico "Tommaso Campanella" a Reggio Calabria, si iscrisse alla Facoltà  di Giurisprudenza presso l'Università  di Messina e conseguì la laurea all'età  di soli 21 anni, il 24 novembre 1956, discutendo una tesi dal titolo «Il contratto astratto », il cui relatore era il prof. Angelo Falzea, notissimo cattedratico, giurista, filosofo e avvocato.
Vinse il concorso in magistratura quando aveva appena 24 anni e venne nominato uditore giudiziario nell'aprile del 1959, prima al Tribunale di Roma e poi a quello di Messina per il periodo di tirocinio. Tornò a Roma nell'ottobre del 1960, in Pretura, dopo che gli vennero conferire le funzioni giudiziarie, con funzioni di Vice Pretore.
Risultato idoneo all'esame per la nomina ad aggiunto giudiziario nel febbraio del 1962, il 17 maggio 1963 venne trasferito alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo in qualità  di Sostituto Procuratore della Repubblica, dove rimase fino al dicembre del 1964.
In seguito, con provvedimento del 17 luglio 1964, il Consiglio Superiore della Magistratura deliberò la sua promozione a Magistrato di Tribunale e qualche mese dopo, il 19 dicembre 1964 Scopelliti prese possesso delle funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Vi resterà  sino al 7 novembre 1969, quando venne trasferito presso il Tribunale di Roma, con le medesime funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica, per poi ritornare a Milano dal 29 novembre del 1970, sempre quale Sostituto Procuratore, prima di essere di nuovo e in via definitiva assegnato alla Procura di Roma con decorrenza 12 giugno 1973.
L'escalation della carriera di Scopelliti proseguì con la nomina da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, in data 23 settembre 1975, a Magistrato di Corte d'Appello con funzioni di Procuratore Generale e poi, con provvedimento del 23 gennaio 1980, a Magistrato di Cassazione, quale Sostituto Procuratore Generale.
Il percorso di carriera del giudice Scopelliti avviene in anni molto difficili della vita della Repubblica, attraversando fatti della criminalità  organizzata, del terrorismo politico, dell'attività  della mafia. Già  agli esordi si mise in evidenza per l'attività  investigativa che permise di assicurare alla giustizia i membri della "Banda Cavallero" (un'organizzazione criminale che negli anni Sessanta fu protagonista di numerose e sanguinose rapine in diversi Istituti di Credito fra Piemonte e Lombardia) e per il processo a carico di Mario Capanna riferito al sequestro del professor Pietro Trimarchi, docente dell'Università  Statale di Milano e figlio del Presidente della Corte d'Appello di Milano. All'apice della carriera, il suo nome venne legato a casi importantissimi che hanno segnato la storia italiana di un ventennio (dai primi anni Settanta alla sua morte). Da Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione rappresentò la pubblica accusa, nel processo «cd. Valpreda » per la strage di Piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969, nel processo per la strage di Piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974, in quelli per l'omicidio dell'on. Aldo Moro e della sua scorta, per l'omicidio del Tenente Colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco del 13 luglio 1979, e per l'uccisione del Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, avvenuta a Monreale il 4 maggio 1980, considerata una data importante per tutti i tragici fatti che accaddero in Sicilia nei lustri successivi.
Seguì, inoltre, tra gli altri, i processi per la morte del Consigliere istruttore Rocco Chinnici e della sua scorta, avvenuta a Palermo il 29 luglio 1983, chiedendo il rigetto dei ricorsi degli imputati - ma la I sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Corrado Carnevale, annullò la sentenza per vizi nella motivazione - nonché quelli per l'assassinio del giudice Vittorio Occorsio (che aveva lavorato con lui nel processo per la strage di Piazza Fontana) avvenuto a Roma il 10 luglio 1976, del giudice Mario Amato, Sostituto Procuratore della Repubblica a Roma e titolare di tutte le inchieste sul terrorismo nero nel Lazio. So occupò del processo per l'uccisione del giornalista Walter Tobagi, il 28 maggio 1980, a seguito di un attentato della "Brigata XXVIII Marzo", dei delicatissimi "casi" Calvi e Sindona. Rappresentò l'accusa alla strage del Rapido 904 avvenuta il 23 dicembre 1984, e al dirottamento della nave Achille Lauro, del 7 ottobre 1985, un caso di politica e diplomazia internazionale, che sfociò poi nella "Notte di Sigonella", poiché si trattava di un atto terroristico firmato dal Fronte per la Liberazione della Palestina.
Fu lui a essere designato a rappresentare in Cassazione la pubblica accusa all'udienza del 30 gennaio 1992 nel cosiddetto "maxi-processo" a Cosa Nostra ma fu barbaramente assassinato prima di poter adempiere a questo ulteriore, delicato, compito.
Fu ucciso nel pomeriggio del 9 agosto del 1991 mentre, a bordo della sua automobile, stava rientrando nella casa dove trascorreva le vacanze dopo una giornata al mare. Aveva 56 anni. Venne intercettato all'altezza di una curva, poco prima dell'abitato di Piale, una frazione di Villa San Giovanni. Gli assassini, almeno due persone spararono con fucili calibro 12 caricati a pallettoni. La morte del magistrato, colpito con due colpi alla testa esplosi in rapida successione, fu istantanea. L'automobile, priva di controllo, finì poi fuori strada, tant'è che sulle prime si ipotizzò un incidente stradale.
Dell'omicidio Scopelliti parlò anche Giovanni Falcone, alcuni giorni dopo la morte, in un articolo pubblicato su «La Stampa », fornendo un suo parere sui moventi: «L'eliminazione di Scopelliti è avvenuta quando ormai la Suprema Corte di Cassazione era stata investita dalla trattazione del maxi-processo alla mafia palermitana e ciò non può essere senza significato. Anche se, infatti, l'uccisione del Magistrato non fosse stata direttamente collegata alla celebrazione del maxi-processo davanti alla Suprema Corte, non ne avrebbe comunque potuto prescindere nel senso che non poteva non essere evidente che l'uccisione avrebbe pesantemente influenzato il clima dello svolgimento in quella sede ».
Esisteva, indubbiamente, un nesso tra il maxi-processo e l'omicidio, che è stato oggetto delle diverse fasi processuali riferite all'eliminazione del magistrato. Ci sono stati due processi a Reggio Calabria, uno contro Salvatore Riina e sette boss di Cosa Nostra e un altro contro Bernardo Provenzano e sei boss, tra i quali Filippo Graviano e Nitto Santapaola. Furono tutti condannati in primo grado nel 1996 e nel 1998 e successivamente assolti in Corte d'Appello nel 1998 e nel 2000 perché le accuse dei diciassette collaboratori di giustizia (cui si aggiunsero in un secondo momento quelle del boss Giovanni Brusca) vennero giudicate discordanti. Nel 2012 il Sostituto Procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo a seguito delle dichiarazioni del pentito Antonino Fiume nell'ambito del processo "Meta" riguardante le cosche reggine riaprì il caso. Una nuova inchiesta è stata avviata nel 2018 dalla Procura di Reggio Calabria in seguito al ritrovamento dell'arma usata per il delitto: sentiti i racconti di alcuni pentiti, a premere il grilletto, su ordine della mafia siciliana, sarebbero stati esponenti della 'ndrangheta calabrese, a fronte di un presunto "scambio di favori" che avrebbe così permesso al magistrato di Campo Calabro di non partecipare al maxi-processo.
Nel 2007, su iniziativa della figlia Rosanna, è stata costituita a suo nome la «Fondazione Scopelliti ».
Ad Antonino Scopelliti è stata dedicata una strada nel suo paese natale e una nella contigua Villa San Giovanni Nel 2011 gli venne intestata una via di Bari; il 28 maggio dello stesso anno un giardino a Mucinasso (frazione del Comune di Piacenza); l'anno successivo gli è sono state dedicate l'Aula bunker del Tribunale di Palmi, una Piazza a Casalgrande (in provincia di Reggio Emilia), a Polistena, nel Reggino, e nel 2014 a Miglierina, in provincia di Catanzaro. (Letterio Licordari) © ICSAIC 2019

Nota bibliografica

  • Antonio Prestifilippo, Scopelliti. Morte di un giudice solo. Il patto di ferro tra Ndrangheta e Cosa Nostra, Edizioni Periferia, Cosenza 1995 (2 ª edizione: Morte di un giudice solo. Il delitto Scopelliti, Città  del Sole, Reggio Calabria 2008;
  • Paride Leporace, Toghe rosso sangue, Newton Compton Editori, Roma 2009;
  • Aldo Pecora, Primo sangue, Rizzoli, Milano 2010.

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