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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  A cura di Pantaleone Sergi

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Pelaia, Emilio

Emilio Pelaia [Limbadi (Vibo Valentia), 21 gennaio 1892 - Buenos Aires, 1983 (?)]

Figlio di  Francesco Saverio, calzolaio, e Maria Rosa Dimundo, filatrice, nacque in una numerosa e modesta famiglia composta da otto maschi e due femmine che da Limbadi, piccolo centro all'epoca in provincia di Catanzaro, si trasferì in Argentina agli inizi del Novecento. Il piccolo Emilio (con il fratello Attilio furono chiamati così  in onore dei fratelli Bandiera)  aveva 10 anni, quando con i suoi si stabilì a Mendoza. Nella bottega del padre, al paese natale, come gli altri fratelli aveva appreso a suonare uno strumento musicale, la chitarra ritmica,  e inizialmente fece parte, così, del gruppo musicale familiare  attivo  in Argentina  almeno dal  1902 al 1906, il   «Sexteto Pelaia », composto da membri della stessa famiglia tutti nati a Limbadi:  Antonio  che nel 1902 aveva 20 anni, Giuseppe (18), Guglielmo (17), Alfredo (15) e Attilio (9).  Fu profondamente legato all'infanzia e all'Italia e a questo proposito, su parole di Silvia Doglia, compose anche una ninna nanna dedicata «A S.A.R. La Principessa Maria Pia di Savoia ». Quasi nulla si conosce, purtroppo, della sua vita privata ed è sconosciuta, anche agli studiosi argentini, la data esatta della sua morte.  
In ogni caso, «è stato un altro grande musicista e compositore […]. Violinista prestigioso e critico, partecipò a numerosi concerti, pubblicò importanti articoli e compose opere che gli diedero un solido prestigio ». In queste righe di Luis Mercadante è racchiusa la vita artistica di Emilio, indicativa di una forte personalità  che si basava su talento e preparazione, dimostrate fin da bambino.
Dopo le esperienze familiari, studiò violino con Ercole Calvani al Conservatorio Santa Cecilia della capitale argentina, nonché armonia e composizione con il sacerdote Giosuè Macri, anch'egli nativo di Limbadi e zio di un altro grande musicista calabrese che operò in Argentina, Vincenzo Scaramuzza (questi era figlio della sorella di Macrì, Carolina),  il quale visse per molti anni a Buenos Aires dove diresse il Liceo musicale omonimo e fu  maestro di pianoforte e di composizione, nonché  autore di numerose musiche sacre e accademiche, prima di rientrare al paese d'origine dove morì.
In seguito, il giovane Pelaia si perfezionò in violino a Praga. Rientrato in Argentina, fu professore presso varie scuole superiori.  Nel 1935, il governo italiano lo indicò come professore di Storia della Musica nell' «Instituto incorporado italo-argentino  de la enseà±anza secundaria » di Buenos Aires. Diresse anche il Conservatorio Pelaia, da lui fondato e attivo negli anni Quaranta in via General Urquiza 1181. È stato anche autore di canzoni che ebbero un certo successo, come  Despedida,  per canto e piano.
Nel 1955 il Consiglio Nazionale dell'Educazione di Buenos Aires lo nominò capo del dipartimento di violino del Conservatorio municipale   «Manuel de Falla »  di Buenos Aires (istituzione fondata nel 1920, equivalente a una Università ) in sostituzione di Carlos Pessina.  
Molto impegnato e stimato come docente di violino (un suo  Curso de alta cultura de técnica violinà­stica, trascritto da Omar Cà¡ceres, è conservato in manoscritto nella Biblioteca Nazionale di Santiago del Cile), per la «Ricordi americana » tradusse in spagnolo il volume  Teorà­a completa de la màºsica  di Vittorio De Rubertis, e curò anche la pubblicazione dei due volumi di tecnica violinistica (Nueva escuela violinà­stica italiana) del grande maestro  Francesco  Sfilio. Pelaia non incontrò mai Sfilio ma ebbe per lui grande ammirazione, intrattenendo una fitta corrispondenza e pubblicando anche un estratto di alcuni suoi studi didattici che in Italia non furono mai stampati.
Affermatosi anche come conferenziere e giornalista, a partire dal 1920 collaborò alle riviste specializzate «Orfeo », «Tarrega », «America Musical » e soprattutto «Clave ». Dagli inizi del 1930 diresse un proprio mensile musicale e di informazione artistica, «Disonancias », che intendeva criticare quel mondo in cui si presentavano artisti di poca capacità  e critici musicali incompetenti che occultavano la realtà . Con Guido Paci, ancora, nel 1936 diede vita alla rivista illustrata «Momento Musical », attenta ai temi folklorici. Per 18 anni, infine, fu critico musicale dell'autorevole quotidiano «Clarin » di Buenos Aires.
È  ricordato in particolare come autore di composizioni musicali classiche e di «diverse opere orchestrali tipiche del nazionalismo musicale:  due  Suites argentine,  Danza india,  Quema en la calle,  la prima per orchestra d'archi, pianoforte e arpa solista.  Inoltre compose opere da camera e pianoforte, tra le quali  Cuatro danza cuyana; Dos tristes, Son de quena; Tonada Cuyana  e un buon numero di canzoni con accompagnamento di pianoforte e violino.
Nella sua attività , come con tono enfatico è stato scritto, «elevò i suoi pensieri al mondo dell'arte e ha contribuito al perenne splendore. Mondo che polarizza il meglio dello spirito in una fervente aspirazione di purificazione e autopurificazione, al quale dedicò anni di entusiasmo e di lirismo » (Schiuma).  Il 14 settembre 1982 colleghi e allievi organizzarono una festa in suo onore  nell'auditorio «Enrique Muià±o » del Centro Cultural San Martà­n di Buenos Aires per la sua lunga e prolifica attività  nel campo musicale.
Ultranovantenne, morì a Buenos Aires, pare, l'anno successivo, nel compianto del mondo artistico argentino. (Pantaleone Sergi)   © ICSAIC 2021 - 5

Nota bibliografica

  • Nuestro programa,   «Disonancias », I, 1, 1930;
  • Prof. Attilio Pelaia,   «Il Mezzogiorno d'Italia » (Buenos Aires), 24 maggio 1932;
  • Recensioni - Didattica - Sfilio F., Alta cultura di tecnica violinistica, «Rivista musicale italiana », XLII, 6, 1938, pp. 678-680.
  • Antologia de compositores argentinos,   «Compositores Contemporà¡neos »,  fascicolo IX,  1944;
  • Oreste Schiuma,  Emilio Pelaia, in  Màºsicos argentinos contemporà¡neos, Buenos Aires 1948, p. 152-155;
  • Néstor Ortà­z Oderigo,  Pelaia, Emilio, in Adrea Della Corte y Guido Maggiorino Gatti,  Diccionario  de la màºsica, Ricordi Americana, Buenos Aires 1949, p. 614;
  • Francesco Sfilio,  Nueva escuela violinà­stica italiana, Revisiòn y traducciòn del italiano al espaà±ol: Emilio Pelaia, 2 voll., Ricordi Americana, Buenos Aires 1950;
  • Oreste Schiuma,  Contemporà¡neos: Emilio Pelaia, in  Cien aà±os de màºsica argentina, Asociaciòn Cristiana de Jòvenes, Buenos Aires 1956, p. 160-162;
  • Néstor Ortà­z Oderigo,  Pelaia, Emilio, in Adrea Della Corte y Guido Maggiorino Gatti,  Diccionario de la màºsica, Ricordi Americana, 2 ª ed., Buenos Aires 1959, p. 792;
  • Vicente Gesualdo,  Pelaia, Emilio, in Eric Blom,  Diccionario de la màºsica, Claridad, Buenos Aires 1958, p. 972;
  • Rodolfo Arizaga,  Pelaia, Emilio, in  Enciclopedia de la màºsica argentina, Fondo Nacional de las Artes, Buenos Aires 1971, p. 242;
  • Luis Mercadante,  La colectividad italiana en la Argentina, Alzamor Editores, Buenos Aires 1974,  p. 214;
  • Dionisio  Petriella, Sara Sosa Miatello,  Diccionario  Biogrà¡fico Italo-Argentino, Associazione Dante Alighieri, Buenos Aires  1976,  ad vocem;
  • Juan Marà­a Veniard,  La màºsica nacional argentina. Influencia de la màºsica criolla tradicional en la màºsicaacadémica argentina, relevamiento de datos històricos para su estudio, Ministerio de Educaciòn y Justicia, Secretarà­a  de Cultura, Instituto Nacional de Musicologà­a «Carlos Vega », Buenos Aires 1986, p. 110;
  • Giorgio De Martino,  Giuseppe Gaccetta  e il segreto di Paganini: la biografia del violinista che scelse di non essere il più grande, De Ferrari, Genova 2001, p. 61.
  • Miguel Ficher, Martha Furman Schleifer, John M. Furman (a cura di),  Latin American Classical  Composers: A Biographical Dictionary,  Scarecrow Press, Lanham Md. 2002, p. 430;
  • Pantaleone  Sergi,  Una famiglia di artisti da Limbadi a Mendoza, in  Vittorio Cappelli, Giuseppe Masi, Pantaleone Sergi (a cura di),  La Calabria dei migranti,  numero monografico   «Rivista Calabrese di Storia del '900 »,  2, 2014, pp. 61-70.

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